Tonno in scatola o sostenibile? Come orientarsi al momento dell’acquisto

Le sigle sulle etichette vanno lette con attenzione per non portare sulla tavola pesce pescato con metodi impattanti a livello ambientale.

Scatola o vetro?

Meglio scegliere il tonno confezionato in vetro, prima di tutto perché è possibile vedere l’aspetto del contenuto e il colore del prodotto.
Il vetro rappresenta da sempre uno dei materiali maggiormente utilizzati nella conservazione dei cibi. È un materiale inerte con un bassissimo rischio di interazione con il cibo, preservando così tutte le qualità organolettiche e nutrizionali dell’alimento conservato.

E per di più è un materiale completamente riciclabile.Sugli scaffali dei supermercati ci sono così tante scatolette di tonno, con decine di sigle da decifrare, che si finisce per mettere nel carrello le prime che capitano. Eppure, questo prodotto ittico ha un impatto notevole sugli ecosistemi marini, perché la maggior parte delle navi usano sistemi di pesca distruttivi, che hanno portato alla scomparsa di diverse specie e messo a rischio la biodiversità.

Il tonno in scatola è fra gli alimenti preferiti dagli italiani: contiene proteine, pochi grassi (se si sgocciola bene l’olio), è economico, è sempre pronto, è adatto per preparare primi e secondi piatti ed è molto gustoso, insomma tutte caratteristiche che lo rendono appetibile al momento dell’acquisto, tanto che solo in Italia se ne consumano circa 2,4 kg all’anno a testa.

La tradizione

Il nostro Paese vanta una tradizione antica di pesca del tonno, come testimoniano ad esempio le tonnare di Favignana e Marzamemi in Sicilia e Carloforte in Sardegna, tuttavia quello in scatola proviene da lontano perché – dopo lo sfruttamento intensivo degli anni ‘70 e ‘80 – il pregiato tonno rosso del Mediterraneo è a rischio estinzione ed è tutelato da norme dell’Unione Europea che ne permettono la pesca solo per brevi periodi e per pochi esemplari.

È molto importante consumare tonno sostenibile, tanto che le associazioni ambientaliste da una parte portano avanti campagne di sensibilizzazione rivolte ai consumatori, dall’altra fanno pressioni sulle aziende per spingerle a commercializzare prodotti in scatola a basso impatto ambientale.

In un recente studio condotto da Greenpeace emerge che 9 italiani su 10, anche a costo di pagare di più, sarebbero disposti a cambiare abitudini di consumo per non provocare un eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche.

Pesca distruttiva

I metodi di pesca industriale usati per catturare i tonni sono per lo più distruttivi.

In primis il ricorso dei pescherecci ai palamiti: cavi di nylon, lunghi fino a 100 km, a cui sono attaccate fino a 3.000 lenze con ami che attirano anche altri tipi di pesci e tartarughe, tanto che oltre il 20% delle catture effettuate con questo sistema può essere costituito da specie in pericolo.

Altrettanto impattanti sono i Fad (fish aggregation devices), delle strutture galleggianti che grazie a sagome posizionate sott’acqua, radar e sonar attirano la fauna marina, che poi viene catturata con reti a circuizione.
Con questo sistema non si attirano solo tonni, ma anche tartarughe, squali, mante e altri pesci poco commerciabili, che poi sono ributtati in mare ormai morti.

Pesca amica dell’ambiente

La pesca a canna viene effettuata con piccoli pescherecci, per lo più di proprietà dei pescatori locali, e possono dar lavoro fino a 35 persone: avviene in luoghi come le Maldive o le isole Salomone e rappresenta un’importante fonte di reddito per le famiglie. Si tratta di una pesca altamente selettiva, con tonni pescati uno ad uno e con catture accidentali minime.

Da alcuni anni sono aumentati i marchi che propongono tonno pescato a canna, di solito tonnetto striato (Katsuwonus pelamis), specie meno pregiata, o meglio poco adatta per il consumo a crudo, che non rientra tra le specie a rischio.

Altra buona scelta è la pesca su banchi liberi, significa che il tonno è stato pescato da reti a circuizione che circondano i banchi di questa specie senza l’utilizzo di Fad, che invece li concentrano e comportano la cattura accidentale di numerosi altri animali marini.

Certificazioni e marchi di sostenibilità

Le aziende più virtuose stampano un codice sulla scatoletta affinché il consumatore possa controllare sul sito Internet la provenienza, la specie, la tecnica di pesca e il metodo di lavorazione del prodotto acquistato.
In generale, per orientarsi al momento dell’acquisto bisogna preferire il tonno in scatola che abbia le seguenti certificazioni.

Una delle più diffuse è la MSC (Marine Stewardship Council), viene concessa ai prodotti e alle aziende che agiscono rispettando alcuni criteri: la pesca deve essere modulata per permettere che lo stock ittico possa riprodursi e garantire nel tempo un costante livello di catture, bisogna minimizzare l’impatto su piante e animali marini e le aziende devono operare in modo responsabile e nel rispetto delle leggi vigenti.

Altra sicurezza si ha quando sulle etichette c’è il logo Friend of the sea, un sistema di certificazione di prodotti ittici che certifica il rispetto di alcuni criteri di sostenibilità: anche in questo caso è meglio controllare quale specie di tonno e quale metodo di cattura sono stati utilizzati, per essere sicuri che non vi sia davvero nessun impatto negativo sul mare.

Ad essere amico dell’ambiente è poi il marchio Dolphin Safe, non garantisce al 100% che la pesca non causi impatti negativi sul mare, ma il metodo di pesca del tonno non porta alla cattura intenzionale e all’uccisione o ferimento di delfini o altri mammiferi marini. Rimane il problema di tutte le specie che finiscono accidentalmente nelle reti.

Le specie di tonno

Il tonno pescato negli oceani viene congelato intero a bordo dei pescherecci e trasferito negli stabilimenti per la trasformazione. Il 90% di quello utilizzato dall’industria conserviera mondiale proviene dal tonno pinna gialla (Thunnus albacares o Yellowfin) e dal tonnetto striato (Katsuwonus pelamis o skypjack).

Quest’ultimo è una specie di piccole dimensioni che vive in tutti gli oceani temperati e caldi. “È sempre più comune sui nostri scaffali e al momento gode di un buono stato di salute, anche se – sottolinea Greenpeace – prima di acquistarlo ci si dovrebbe assicurare che non sia stato pescato con i Fad, che stanno mettendo in crisi i nostri mari”.

Il tonno pinna gialla, invece, è una specie che vive negli oceani tropicali, dall’Indiano al Pacifico, ed ha un alto valore commerciale.

La maggior parte dei suoi stock sono oggetto di una pesca eccessiva ad aggravare la sitauzione c’è il ricorso a metodi di pesca che catturano esemplari troppo giovani, minacciandone l’equilibrio riproduttivo.

La scelta più sostenibile è tonno a pinna gialla proveniente dall’oceano Pacifico centro occidentale.

A finire in scatola potrebbe poi esserci il tonno obeso (Thunnus obesus o bigeye), una specie commerciale poco usata che al momento è classificata come “vulnerabile”, cioè a rischio nel medio periodo: nonostante non sia commercializzata sul mercato italiano, potrebbe finire accidentalmente nelle nostre scatolette a causa della pesca con i Fad.

Scatola o vetro?

Meglio scegliere il tonno confezionato in vetro, prima di tutto perché è possibile vedere l’aspetto del contenuto e il colore del prodotto.
Il vetro rappresenta da sempre uno dei materiali maggiormente utilizzati nella conservazione dei cibi. È un materiale inerte con un bassissimo rischio di interazione con il cibo, preservando così tutte le qualità organolettiche e nutrizionali dell’alimento conservato. E per di più è un materiale completamente riciclabile.

Autore: Anna Simone

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