Santi, beati e ricorrenze di oggi, sabato 12 marzo: San Luigi Orione e San Massimiliano di Tebessa martire

San Luigi Orione nacque a Pontecurone nella diocesi di Tortona (AL), il 23 giugno 1872. A 13 anni entrò fra i Frati Minori di Voghera, e nel 1886 nell’oratorio di Torino diretto da san Giovanni Bosco. Nel 1889 varcò le porte del seminario di Tortona.

Proseguì gli studi teologici, alloggiando in una stanzetta sopra il duomo. Qui ebbe l’opportunità di avvicinare i ragazzi a cui impartiva lezioni di catechismo, ma questo angusto spazio non bastava, per cui il vescovo gli concesse l’uso del giardino del vescovado. Il 3 luglio 1892, il giovane chierico Luigi Orione inaugurò il primo oratorio intitolato a san Luigi. Nel 1893 aprì il collegio di san Bernardino. Nel 1895 venne ordinato sacerdote.

Molteplici furono le attività cui si dedicò: fondò la Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza per il bene dei giovani e di tutti gli emarginati, e le Piccole Missionarie della Carità, gli Eremiti della Divina Provvidenza e le Suore Sacramentine. Mandò i suoi sacerdoti e suore nell’America Latina e in Palestina sin dal 1914. Morì a Sanremo nel 1940.

San Massimiliano di Tebessa martire fu un obiettore di coscienza, ma di coscienza luminosamente cristiana. Giovane casto, retto, mite, caritatevole, era figlio del veterano Fabio Vittorio e come tale a vent’anni avrebbe dovuto indossare le armi, portando al collo la medaglia dell’imperatore. Sono rimasti gli atti del processo, avvenuto in Africa, a Tabessa, in Numidia, nell’attuale Algeria, al tempo del Proconsole Dione Cassio. “Sono soldato di Cristo – disse Massimiliano – e mi rifiuto di portare al collo la medaglia del l’Imperatore”. Il Proconsole lo avvertì: “Poiché ti rifiuti di servire l’Imperatore con le armi, incorrerai nella sentenza di morte“. Massimiliano non protestò, non inveì contro il Proconsole, non maledì l’Imperatore. Disse sommessamente: “Sia resa grazia a Dio”.

Fu condotto al supplizio, e per la via andava dicendo: “Fratelli amati, obbedite a Dio per meritare una corona come la mia”. Rivolto al padre lo pregò: “Dona al milite che mi colpirà il vestito nuovo che mi avevi preparato. E noi, tutti e due, senza rancore, glorifichiamo il Signore”. Venne così decapitato il 12 marzo 295. Una matrona, di nome Pompeiana, chiese ed ottenne il corpo del giovane martire: sopra una lettiga lo trasportò a Cartagine, dove venne seppellito.

Tre giorni dopo Pompeiana moriva e di lì a poco anche il padre di Massimiliano si congedava dalla vita terrena. Massimiliano si sentiva cittadino non del mondo, ma del cielo. Obbediva a Dio con completa adesione d’anima e di spirito. Era un cristiano puro, che poteva donare la propria veste al soldato che l’uccideva, senza il minimo rancore e senza la più piccola incertezza, perché la morte del corpo significava per lui la vita eterna dell’anima.

(Foto: archivio Qdpnews.it – Wikipedia).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Articoli correlati