L’ardua lotta dei piccoli animali per sopravvivere ad alta quota

L’ardua lotta dei piccoli animali per sopravvivere ad alta quota

Vivere in alta quota è un problema! Lo sanno bene gli scalatori e tutti quelli che conoscono le loro imprese.

Le alte altitudini presentano sfide legate alla mancanza di ossigeno, alle basse temperature e alla limitata disponibilità di cibo, il che rende difficile per molti animali vivere in questi ambienti.

Sappiamo che gli animali grossi e pelosi come gli yak sono davvero bravi a vivere in luoghi molto alti, come le montagne a 5.000 metri sopra il livello del mare. Ma quando si tratta di animali più piccoli che vivono alle stesse altitudini, la sopravvivenza diventa ardua.

Il motivo è che i piccoli animali disperdono il calore dal loro corpo molto più velocemente di quelli grossi e hanno bisogno di molta energia per stare caldi in quei luoghi freddi. Il loro corpo usa l’ossigeno dall’aria e il cibo che mangiano per ottenere questa energia. Ma vivendo in montagne molto alte, c’è meno ossigeno nell’aria. Quindi, questi piccoli animali potrebbero avere problemi a ottenere abbastanza energia per rimanere caldi e sopravvivere.

In alta quota quindi essere piccoli diventa una sfida extra a causa della mancanza di ossigeno e del freddo.

Capite bene quindi la sorpresa quando, nel 1928, l’esploratore e naturalista inglese Frank Smythe notò la presenza di un pica (Ochotona himalayana, lontano parente dei conigli di circa due etti e lungo una ventina di centimetri) a 6200 metri di altitudine durante le sue spedizioni nelle montagne dell’Himalaya.

Ma la storia non finisce qui; sessant’anni fa sono emersi segni che facevano pensare che alcuni roditori potessero vivere a quote ancora più elevate. Gli archeologi impegnati nello studio dei siti religiosi Inca situati sulle vette delle Ande fecero una scoperta straordinaria. Trovarono topi naturalmente mummificati, conservati dal freddo secco delle montagne. Tuttavia, all’epoca, i ricercatori erano inclini a credere che questi roditori non fossero indigeni a quelle regioni remote, ma si supponeva fossero arrivati lassù insieme agli Inca che visitavano quei siti isolati.

Ma nel 2013 un filmato di due alpinisti che scalavano il Llullaillaco (un vulcano che si trova nelle Ande, sul confine tra Cile e Argentina) capovolse la situazione, c’era un topo che correva sulla neve ad altezze mai scoperte.

E’ nel 2020 che comincia la prima spedizione di biologi che catalogheranno 18 specie di piccoli roditori, tra tutti, il più frequente è il topo dalle orecchie a foglia (Phyllotis vaccarum), già sopranominato dalla cronaca il topo alpinista.

La consistenza e la scoperta di tane del topo dalle orecchie a foglia confermano oggi che la specie non sia occasionale ad altezze superiori ai 6700 metri d’altitudine. Avvincente attendere i risultati dello studio della loro fisiologia e de loro DNA che permetterà ai biologi di “scoprire” quali strategie e quali molecole permettono una popolazione vitale di piccoli mammiferi di vivere in aree “inospitali”.

(Foto: Qdpnews.it).
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