Una piccola Cavalier King Charles spaniel di nome Hana si avvicina curiosa a tre scatole identiche disposte a semicerchio. Il suo compito è semplice solo in apparenza: ricordare quale delle tre contiene un premio. Quello che potrebbe sembrare un gioco innocente è in realtà parte di una rivoluzione scientifica silenziosa che sta trasformando la nostra comprensione dell’invecchiamento e delle malattie.
Migliaia di cani domestici in tutto il mondo stanno contribuendo involontariamente a svelare alcuni dei misteri più complessi della biologia umana. Questi fedeli compagni, che condividono le nostre case, i nostri ambienti e spesso le nostre abitudini, si stanno rivelando finestre preziose per comprendere processi che negli esseri umani richiederebbero decenni di osservazione.
La chiave di questa scoperta risiede in una caratteristica che ogni proprietario di cane conosce fin troppo bene: i nostri amici a quattro zampe invecchiano molto più rapidamente di noi. Quello che per un essere umano rappresenta un processo di deterioramento cognitivo o sviluppo tumorale che si estende per 60-70 anni, in un cane si manifesta nel corso di una singola decade. Questa accelerazione temporale, pur essendo fonte di dolore per chi ama questi animali, offre agli scienziati un’opportunità unica per osservare fenomeni biologici complessi in tempi ragionevoli.
Ma la velocità non è l’unico vantaggio. I cani presentano una diversità genetica che li rende modelli molto più realistici rispetto ai topi da laboratorio, spesso consanguinei e cresciuti in ambienti artificiali. Inoltre, vivendo nelle nostre stesse case, i cani sono esposti agli stessi fattori ambientali che influenzano la salute umana: inquinanti atmosferici, sostanze chimiche domestiche, stress urbano e persino il fumo di sigaretta dei loro proprietari.
Questa condivisione dell’ambiente ha portato a scoperte sorprendenti. Quando un treno carico di sostanze chimiche è deragliato e ha preso fuoco in Ohio nel 2023, esponendo i residenti a cancerogeni come il cloruro di vinile, gli scienziati hanno realizzato che i cani della zona avrebbero potuto fornire indicazioni precoci sui rischi per la salute umana. Mentre potrebbero essere necessari decenni per vedere gli effetti sulla popolazione umana, i tumori canini si sviluppano molto più rapidamente, offrendo un sistema di allerta precoce.
Le ricerche stanno rivelando parallelismi sorprendenti tra le malattie di cani e umani. I tumori che si sviluppano spontaneamente nei nostri compagni canini seguono percorsi genetici straordinariamente simili a quelli umani. Le stesse mutazioni che causano il cancro al seno o alla prostata nelle persone si ritrovano nei tumori dei cani, spesso negli stessi punti precisi del codice genetico. Questa somiglianza è così marcata che terapie sviluppate inizialmente per i cani stanno ora entrando negli studi clinici umani, mentre farmaci antitumorali umani si dimostrano efficaci nei pazienti canini.
Nel campo delle neuroscienze, i cani stanno fornendo intuizioni preziose sui processi di invecchiamento cerebrale. Come gli esseri umani, anche i cani anziani possono sviluppare forme di demenza, accompagnate dall’accumulo della stessa proteina mal ripiegata, l’amiloide-beta, che caratterizza l’Alzheimer umano. Gli scienziati sono riusciti persino ad addestrare alcuni cani a rimanere immobili in scanner per risonanza magnetica, permettendo di osservare in tempo reale come i loro cervelli cambiano con l’età.
Questi studi stanno sfatando anche alcuni miti comuni sull’invecchiamento canino. Contrariamente al detto popolare, non è sempre più difficile insegnare nuovi trucchi a un cane anziano. Mentre alcune capacità come la risoluzione di problemi e la giocosità diminuiscono prevedibilmente con l’età, altre abilità rimangono sorprendentemente intatte. I cani senior mantengono spesso la stessa motivazione ad apprendere dei loro colleghi più giovani, specialmente quando sono in gioco ricompense gustose.
Le implicazioni di queste ricerche si estendono ben oltre la veterinaria. Gli scienziati stanno utilizzando i cani come “biosensori mobili” per identificare sostanze chimiche ambientali pericolose. Analizzando quali sostanze si accumulano negli ambienti domestici dei cani che sviluppano specifiche mutazioni cancerogene, i ricercatori possono individuare potenziali minacce per la salute umana anni prima che i loro effetti diventino evidenti nella popolazione generale.
Alcuni dei risultati più interessanti riguardano gli stili di vita. Gli studi su migliaia di cani hanno suggerito che, proprio come negli umani, l’attività fisica regolare può proteggere dall’invecchiamento cerebrale. Ancora più sorprendente è stata la scoperta che i cani nutriti una sola volta al giorno, rappresentanti l’otto per cento del campione studiato, mostravano mediamente una salute migliore e prestazioni cognitive superiori rispetto a quelli alimentati più frequentemente.
La ricerca canina sta anche rivelando nuove possibilità terapeutiche. Farmaci che estendono la longevità in organismi semplici come lieviti e moscerini della frutta stanno ora mostrando effetti promettenti sui cani, migliorando la funzione cardiaca e potenzialmente rallentando l’invecchiamento. Questi risultati potrebbero aprire la strada a interventi anti-invecchiamento anche per gli esseri umani.
Ciò che rende questa ricerca particolarmente toccante è il suo carattere collaborativo. I proprietari di cani in tutto il mondo stanno contribuendo volontariamente, fornendo campioni genetici, compilando questionari sulla salute e persino permettendo test cognitivi sui loro animali domestici. Alcuni accettano che i loro compagni partecipino a studi più approfonditi, indossando dispositivi simili a fitness tracker canini o sottoponendosi a scansioni cerebrali.
Per molti proprietari, la partecipazione a questi studi offre un modo per dare significato alla vita dei loro animali, specialmente quelli più anziani. Sanno che i dati raccolti dai loro fedeli compagni potrebbero un giorno aiutare altri cani e persino altri esseri umani a invecchiare in modo più sano e a combattere malattie devastanti.
Questa convergenza tra amore per gli animali e progresso scientifico rappresenta un nuovo paradigma nella ricerca biomedica. I cani, che per millenni sono stati nostri compagni di caccia, guardiani e confidenti, stanno ora diventando nostri partner nella lotta contro l’invecchiamento e le malattie. La loro lealtà si estende ora anche ai laboratori e alle cliniche, dove continuano a servirci non più come semplici animali domestici, ma come collaboratori inconsapevoli in una delle più grandi sfide dell’umanità: comprendere e migliorare la qualità della vita.
Mentre la scienza avanza grazie a questi contributi a quattro zampe, una cosa rimane invariata: il legame speciale tra umani e cani, ora rafforzato dalla consapevolezza che stiamo veramente condividendo molto più di quanto immaginassimo. I nostri destini biologici sono intrecciati in modi che stiamo solo iniziando a comprendere, e ogni scoperta ci ricorda quanto siamo fortunati ad avere questi compagni straordinari al nostro fianco, non solo nelle nostre case, ma anche nel nostro viaggio verso una maggiore comprensione della vita stessa.
Per chi desidera approfondire questo affascinante campo di ricerca, vale la pena esplorare il lavoro pionieristico di Matthew Breen e di Oscar J. Fletcher Professor della North Carolina State University. Il laboratorio, accessibile attraverso il sito https://www.breenlab.org/, rappresenta uno dei centri di eccellenza mondiale nella ricerca oncologica comparata, dove l’intreccio tra genetica canina e umana viene studiato con approcci all’avanguardia. Qui si può scoprire come la genomica stia rivoluzionando la nostra comprensione del cancro attraverso lo studio dei nostri fedeli compagni, confermando ancora una volta che, come afferma lo stesso Breen, “il miglior amico dell’uomo è anche il miglior amico biomedico dell’uomo”.
(Autore: Paola Peresin)
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