Il cane da pecora abruzzese e quell’antichissima “colleganza” con i pastori testimoniata già da Catone

Per chi non lo conoscesse, il Cane da Pecora Abruzzese è un cane che aiuta i pastori italiani a difendere le greggi dai lupi da almeno 2000 anni. Sono quindi più di due millenni che i pastori dell’appennino centro-meridionale italiano selezionano grossi cani bianchi, più o meno sui 40-50 kg, con un unico scopo: far passare ai lupi qualsiasi tentativo di predazione.

Di questi cani, e del loro rapporto con i pastori italiani troviamo delle bellissime descrizioni negli scritti di età romana di Catone, Columella, Varrone e Palladio; fatevi un giro sulle loro opere e cercate il “canis pastoralis o pequarius (pecoraio) dal pelo bianco” dove troverete le “migliori” caratteristiche che questi cani devono avere per difendere i pastori dai lupi e dall’abigeato, assieme a utili testimonianze del legame imprescindibile che persiste nei secoli tra pastori e questi cani.

Per chi si occupa di cani, di pastori e di lupi quell’antico rapporto tra uomini e cani è una realtà molto bene conosciuta in tutto il mondo e in tutti gli ambiti, da quello “pratico” a quello scientifico. Fare il pastore è un lavoro duro e intenso. Ci si deve relazionare con specie domestiche e specie selvatiche. Pochi fronzoli, dunque. Poche chiacchiere e molto lavoro. Parliamo di gente pratica. Uomini che ti selezionano con lo sguardo. Il mio primo incontro con il Cane da Pecora Abruzzese, ma soprattutto con i pastori che li usano, risale ormai a quarant’anni fa, in Abruzzo.

Da lì, un rispetto e un’amicizia che dura ancora oggi per quell’antica sapienza su cui si fonda il legame uomo-cane. Gente pratica, i pastori, gente che lavora. L’allora Parco Nazionale d’Abruzzo vantava un turismo all’apice della ricerca di naturalità, un po’ quello che succede attualmente nelle “aree naturalistiche” fuori porta. Oggi (si fa per dire, sono almeno 15 anni) il lupo è tornato nell’arco alpino e con lui arriva il tentativo di “importare” nelle Alpi quell’antico legame appenninico tra pastori e cani. Nonostante esistano protocolli ben strutturati, l’incoscienza, l’incuria e la cattiva interpretazione del rapporto tra uomo e cane continua a sfociare in malsani tentativi di interpretare questi grossi cani bianchi come “macchine anti lupo”.

Non riusciamo a copiare neanche l’esempio italiano di antica e continua domesticazione conosciuto in tutto il mondo. L’idea che basti consegnare dei cani a dei pastori per riallacciare, come per magia, quell’antico rapporto tra uomini e cani, è dura a morire, e la dice lunga soprattutto sulle conoscenze del rapporto tra uomini, domestici e selvatici. Peccato.

(Foto: web).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Articoli correlati