La scorsa settimana ho visitato una mostra d’arte in cui tra paesaggi alpini c’era lui, il Gallo cedrone, in un olio su tela e in un bellissimo bronzo la posa era quella iconica, un bellissimo maschio durante il periodo degli amori; petto gonfio e coda a ventaglio. Guardando quelle opere ho provato ammirazione e stupore, ma anche un senso di malinconia: quel magnifico uccello dei boschi montani, simbolo di forza e di selvaticità, oggi è a rischio più che mai.
Mentre osservavo quelle opere, mi è venuta in mente una ricerca recente che racconta la storia nascosta di questo uccello straordinario e fragile, o meglio di una sua sottospecie, il gallo cedrone dei Pirenei vive tra i boschi di conifere e faggete d’altura, un ambiente che un tempo era il suo regno incontrastato. La popolazione è in forte declino: riproduzione ridotta, habitat frammentato, pressioni del turismo e, soprattutto, un clima che cambia troppo in fretta. Per capire se il gallo cedrone dei Pirenei ha ancora la forza di resistere, i ricercatori hanno cercato un indicatore che raccontasse la sua vita “dall’interno”: gli ormoni.
Di solito questi studi richiedono il prelievo di sangue, una pratica rischiosa e persino mortale per un animale così delicato. Ma qui sta la novità: invece di toccare i galli cedroni, gli scienziati hanno scelto le piume cadute naturalmente durante la muta estiva. Una piuma, apparentemente fragile e silenziosa, si è rivelata un meraviglioso archivio biologico: mentre cresce, infatti, incorpora gli ormoni circolanti nel sangue dell’animale, congelando nel tempo un’immagine fedele del suo stato fisiologico.
Sono state raccolte 139 piume da 113 individui tra Spagna e Francia, in tre anni consecutivi. Un lavoro paziente: camminare nei boschi, individuare le piume sul terreno, riconoscere il sesso dall’iridescenza del colore, segnare posizione e anno di raccolta. Poi, in laboratorio, le piume sono state tritate, trattate con reagenti e analizzate con kit immunologici di grande precisione. In questo modo i ricercatori hanno potuto misurare due indicatori fondamentali: il corticosterone, che rivela lo stress fisiologico, e la triiodotironina (T3), legata al metabolismo e alla regolazione termica.
I risultati sono stati illuminanti. Il corticosterone era più basso nelle aree lontane dai sentieri per ciclisti, segno che anche forme di turismo apparentemente leggere possono avere un impatto nascosto sul benessere della fauna. Inoltre, i livelli erano inferiori nei Pirenei settentrionali e nei Pre-Pirenei rispetto alla zona centrale: un indizio che fattori climatici come temperatura e precipitazioni potrebbero modulare la risposta ormonale. Il T3, invece, non si legava a variabili ambientali, ma ha mostrato un dato interessante: era più basso nei maschi, forse a causa di differenze alimentari o di regolazione del calore corporeo durante l’estate.
La ricerca ha quindi due grandi meriti. Da un lato dimostra che le piume sono uno strumento non invasivo e affidabile per studiare la fisiologia di specie minacciate. Dall’altro ci fornisce una lente per osservare come il gallo cedrone reagisce a disturbi umani e cambiamenti climatici. Ogni piuma diventa così una finestra su un mondo fragile, che altrimenti sarebbe inaccessibile senza rischiare la vita stessa degli animali.
Riflettendo su questi risultati, mi tornano alla mente i bronzi e i quadri della mostra. Quelle opere celebravano il gallo cedrone come un eroe della natura, ma la scienza ci ricorda che anche gli eroi hanno vulnerabilità nascoste. Proteggere questa specie significa ascoltare i segnali che ci manda attraverso il linguaggio invisibile degli ormoni e tradurli in azioni concrete di conservazione. Solo così il canto potente del gallo cedrone continuerà a risuonare nei boschi dei Pirenei.
(Autore: Paola Peresin)
(Foto: Qdpnews.it)
(Foto di proprietà di Dplay Srl)
#Qdpnews.it riproduzione riservata