Bagni vietati nel Piave, il comandante Lio: “Il vero problema è chi non conosce né rispetta il fiume”

Le tragiche morti nel Piave durante il periodo estivo? “L’approccio delle autorità per rispondere a questa problematica, con tanto di tavoli in Prefettura e l’attivazione di controlli e altre iniziative di sensibilizzazione, sta prendendo a mio avviso una piega completamente sbagliata“.

Una critica che, alla luce delle diverse disgrazie verificatesi nelle scorse settimane nel fiume, non arriva da un semplice cittadino ma (per quanto nell’occasione parli a titolo personale), dal comandante della Polizia locale di Pederobba, Guido Lio.

Messi da parte ipocrisie e “politicamente corretto”, Lio ha le idee ben chiare sul perché oggi si ripetano questi episodi, spesso fatali, di annegamenti nel Piave. E su come, a suo giudizio, si potrebbe prevenirli realmente: “Per colpa di alcuni sprovveduti, non deve rimetterci l’intera comunità – prosegue Lio, ‘razza Piave doc’ -. La gente ha ragione a lamentarsi per l’attività di vigilanza che è stata avviata ora. Certo, non bisogna arrivare alle minacce ai volontari, ma il tema di un approccio errato al problema rimane”.

Ovvero? “A prescindere dal fatto che non ci sono assolutamente le risorse umane per proseguire con queste attività, la colpa delle tragiche e frequenti morti per annegamento, aumentate in questi ultimi anni, non è affatto del Piave – sottolinea Lio -. Questo glorioso fiume, sacro alla Patria, costituisce un pericolo solo per coloro che lo frequentano senza un minimo di conoscenza e con un massimo di superficialità“.

E qui il nodo della questione, secondo Lio: “I recenti e tragici episodi riguardano tutti o quasi stranieri, o persone di origine straniera, che pertanto non conoscono il territorio e i suoi potenziali pericoli. Né, purtroppo, si pongono il problema. Spesso infatti, come testimoniato dalla cronaca, non si curano che i loro figli vadano in acqua, pur sapendo che non sanno nuotare e non hanno mai frequentato un fiume”.

Da qui lo sfogo: “A causa di questo, tutti, compresi gli autoctoni come me, dovranno astenersi dal potere fare un bagno nel Piave – incalza il comandante della Polizia locale di Pederobba -. Io, come molti altri dei paesi rivieraschi, ho frequentato il Piave per decenni, senza conoscere assolutamente queste statistiche tragiche. I divieti, se venivano istituiti, erano per questioni sanitarie, per esempio nel caso di poca acqua con percentuale di inquinanti più elevate. Con il tempo, dagli anni ’90 in poi, la realtà antropica che frequenta il Piave ha iniziato a mutare, con la massiccia frequentazione di stranieri che presentano gravi lacune culturali nell’approcciarsi al fiume“.

Non a caso, proprio di recente, su impulso della Prefettura di Treviso, la Provincia ha ricordato il divieto di balneazione già esistente “per tutelare la comunità”. Misura, anche questa, contestata da Lio.

E quindi, posto l’eventuale problema “culturale” alla base, come sostenuto da Lio, cosa si può fare in ottica prevenzione? “Mi limiterei a educare i ragazzi nelle scuole, insegnando loro che il Piave è bello e si può frequentare, ma facendo attenzione e rispettando alcune semplici ma fondamentali regole”.

Dello stesso avviso, seppur con toni più sfumati, il sindaco di Pederobba Marco Turato: “Non mi concentrerei solo sul fatto degli stranieri, ma è un dato di fatto che molte delle tragedie avvenute di recente nel fiume siano legate a persone venute comunque da fuori, con scarsa conoscenza e rispetto per il Piave e le sue insidie. Questo l’abbiamo sempre sottolineato”.

(Autore: Alessandro Lanza)
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