Treviso, sei anni di reclusione per la banda di giostrai che nel 2016 ha assaltato 35 bancomat con esplosivi

 Due patteggiamenti e pene per sei anni, per la banda dei giostrai che, tra il febbraio e il maggio del 2016, avrebbe messo a segno 35 assalti esplosivi ai danni di altrettanti sportelli bancomat tra le province di Treviso, Pordenone, Venezia e Vicenza.

Ieri davanti al giudice dell’udienza preliminare sono comparsi Andrea Rossetto 42enne di Susegana che, difeso dall’avvocato Fabio Crea, ha patteggiato una pena di 3 anni di reclusione.

Stessa pena patteggiata anche da Alberto Garbin 54enne di Oderzo difeso dall’avvocato Giuseppe Muzzupappa. Un terzo imputato, Angelo Garbin 52enne di Mareno di Piave sarà invece giudicato a luglio.

Ai tre la procura contestava i reati di associazione a delinquere, porto abusivo di armi e esplosivi e furto.

I tre avrebbero fatto parte di un sodalizio composto da altri 14 giostrai che nel 2016 avrebbe disseminato il Veneto e il Friuli Venezia Giulia di esplosioni e razzie nelle filiali degli istituti di credito.

La banda era molto organizzata e capace di mettere a segno più assalti sfrecciando da una provincia all’altra.

Utilizzando, far deflagrare gli sportelli automatici, marmotte esplosive. A Treviso Rossetto e i Garbin, insieme a Jody Garbin, Claudio Major ed Euclide Major (giudicati separatamente), erano accusati di aver rubato un’Audi S4 a Oderzo, e le targhe e la batteria di una Renault Kangoo a Colle Umberto usate per i colpi e di aver fatto saltare i bancomat delle filiali Friuladria di Mansuè, Banca Prealpi di Oderzo e Volksbank di Vittorio Veneto la notte del 12 maggio 2016.

Analoghi procedimenti sono stati istruiti per gli altri furti, dai tribunali competenti. I giostrai erano finiti in manette, dopo una lunga indagine dei carabinieri del nucleo investigativo di Treviso, nel settembre del 2016 ed erano diventati un caso giudiziario, per essere stati arrestati due volte e scarcerati poco dopo.

La prima scarcerazione era stata disposta dal tribunale del Riesame che aveva annullato l’ordinanza d’arresto per “vizi procedurali”.

La seconda perché, quando erano tornati in cella con una nuova ordinanza di custodia cautelare, non erano stati sottoposti all’interrogatorio di garanzia nei tempi previsti dalla legge.

(Foto: Archivio Qdpnews.it).
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