Condannato a 7 anni e 7 mesi per 66 furti: dalla latitanza al carcere

Doveva scontare una condanna definitiva a 7 anni e 7 mesi e per sottarsi alla pena avrebbe deciso di fare ritorno in Albania, suo Paese di origine, ma è stato rintracciato e arrestato.

Si tratta di un cittadino albanese di 30 anni al quale sono contestati ben 66 episodi di furto commessi tra Veneto e Friuli Venezia Giulia tra la fine del 2018 e il febbraio 2019 quando, al termine di un’articolata indagine coordinata dalla Procura di Pordenone e condotta dalla locale Squadra Mobile, denominata “operazione Predoni“, venne tratto in arresto unitamente ai suoi due complici in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone.

Lo scorso novembre la Corte di Cassazione, concludendo l’iter giudiziario, dichiarò inammissibile il ricorso presentato dagli arrestati e confermò la sentenza della Corte d’Appello di Trieste. Tuttavia, pochi giorni prima della Pronuncia della Suprema Corte, il trentenne lasciò il territorio nazionale dandosi alla latitanza in Albania.

Vennero così avviate le ricerche internazionali e dopo alcune settimane, grazie a un lavoro sinergico tra gli agenti della Squadra Mobile di Pordenone e il Servizio per la Collaborazione Internazionale di Polizia – Ufficio per l’Esperto per la Sicurezza in Albania, il trentenne venne localizzato nel suo Paese di origine e tratto in arresto. Qualche giorno fa è stato estradato in Italia e associato nel carcere di Viterbo, dove sconterà la sua pena.

Gli agenti della Squadra Mobile pordenonese hanno rintracciato e tratto in arresto in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica di Pordenone un 63enne nativo della provincia di Vicenza ma da anni stabilmente residente a Pordenone, il quale deve scontare una pena a un anno e un mese di reclusione emessa in seguito all’inosservanza delle disposizioni delle misure alternative alla detenzione.

L’uomo è stata rintracciato dagli agenti della Mobile e dapprima condotto negli uffici della Questura e poi, dopo le formalità di rito, associato al carcere di Pordenone.

(Foto: Questura di Pordenone).
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