Girolamo Segato, il pietrificatore di corpi

Il volto di Girolamo Segato sul suo sepolcro

Nei secoli passati assistere alla dissezione di un cadavere doveva essere un’esperienza davvero sconvolgente. La luce tremula delle candele e l’odore nauseabondo della putrefazione facevano da sfondo a lezioni di anatomia nelle quali il docente dissertava seduto su un imponente scranno di legno e gli inservienti, i “massari”, facevano il lavoro sporco. Nel Teatro anatomico dell’Università di Padova, a Palazzo del Bo, per mitigare l’atmosfera lugubre si ricorreva a un ingegnoso sistema di areazione e alla esecuzione di brani musicali dal vivo; l’altezza delle balaustre restava tuttavia l’unico mezzo sicuro per evitare che gli spettatori colti da malore precipitassero al suolo.

I corpi dei condannati a morte e dei vagabondi per secoli hanno affollato le sale autoptiche, ma a partire dal Settecento divenne sempre più difficile disporre di questa singolare materia prima. Le stringenti leggi sanitarie e il contrasto al mercato nero dei cadaveri riaccesero l’interesse degli scienziati per uno dei sogni più antichi dell’umanità: fermare il tempo impedendo la decomposizione delle salme.

Le spedizioni archeologiche in Egitto e la sensazionale scoperta di corpi mirabilmente mummificati contribuirono alla diffusione di una cultura nella quale si intrecciavano scienza, mistero e magia. Medici, chimici, matematici e non di rado ciarlatani si cimentavano con alterni successi nella singolare sfida; fra di essi primeggiavano i cosiddetti “pietrificatori”, uomini impegnati nella trasformazione della fragile carne in materia simile alla roccia. Abili manipolatori di mercurio, calcio e arsenico, i pietrificatori vantavano fra i loro clienti prestigiose università, istituzioni scientifiche e collezionisti di oggetti macabri o curiosi.

La tomba di San Girolamo Segato a Firenze

Il bellunese Girolamo Segato (1792 – 1836) fu dei precursori della pietrificazione, attività che se da un lato gli procurò una certa fama, dall’altra gli riservò amare delusioni. Nativo di Sospirolo, educato dal parroco del paese, alternò il lavoro di contabile agli studi naturalistici e mineralogici condotti sulle montagne venete. Descritto come un fanciullo schivo e pensoso, nei primi anni dell’Ottocento si trasferì al Cairo ove ebbe modo di appassionarsi allo straordinario patrimonio archeologico egiziano di cui divenne un apprezzato disegnatore. A Segato non mancava lo scrupolo e nemmeno il coraggio tanto che una volta, a Saqqara, non esitò a calarsi in un pozzo e trascorrere tre giorni nel buio ventre di una piramide egizia. La disponibilità di materiale farmaceutico destinato a una spedizione e la volontà di carpire il segreto della conservazione dei papiri fecero probabilmente scoccare in Girolamo Segato l’ossessione per la pietrificazione dei tessuti animali. Dinanzi alla constatazione che le roventi sabbie africane imbalsamavano naturalmente i corpi, con la sua arte tentò di replicare quello che la natura faceva da sé. Dopo aver messo a punto un metodo rimasto segreto, lo studioso bellunese approntò numerosi reperti che andarono ad arricchire musei anatomici e collezioni private: pesci, rettili, mammiferi, mani, fegati, feti ed encefali umani subivano un trattamento che li mineralizzava salvaguardandone elasticità e colore; un assortimento straordinario purtroppo decimato dai furti, dall’incuria o da calamità naturali come l’alluvione di Firenze del 1966.

La dedizione di Segato fu senza dubbio ammirevole, come lo fu la sua perizia, ma non si può vivere di sola gloria. Stabilitosi in Toscana egli andò alla ricerca delle risorse necessarie per dare alle stampe i propri studi anatomici, geografici e archeologici. Da qui nacque un’idea senza dubbio originale, ma che si rivelò fallimentare. Il Segato, utilizzando oltre duecento pezzi anatomici fra i quali un rene, un lembo di pelle e una tibia, realizzò un tavolino che avrebbe voluto donare al Granduca Leopoldo II di Toscana in cambio dell’agognato sostegno economico. Leopoldo, dinanzi a quel dono bizzarro, anziché entusiasmarsi inorridì, bollando l’autore con l’epiteto dispregiativo di “mago egiziano” e rifiutando categoricamente di aggiungere il tavolo di carne umana al proprio mobilio. L’episodio suscitò tale clamore da ispirare Gioacchino Belli, autore di un sonetto in cui il poeta romanesco spera che il “sor Girolimo”, capace di prendere “tanti pezzi di perzone” per farci “un tavolone”, sia altrettanto abile da pietrificare la lingua di sua moglie.

Profondamente deluso e preoccupato per le insistenti accuse di occultismo, sebbene difeso dal papa bellunese Gregorio XVI, Girolamo Segato si isolò riducendosi ben presto in miseria.  Prima di morire, con un palese gesto di collera, distrusse tutti i suoi appunti portandosi nella tomba il segreto della pietrificazione dei cadaveri.

Chi volesse rendergli omaggio può ricercare i suoi reperti a Belluno, Firenze e Caserta oppure visitare il sepolcro nella basilica fiorentina di Santa Croce.

Iscrizioni sulla tomba di Girolamo Segato

La tomba del pietrificatore bellunese si trova nel Chiostro dei Morti a due passi da quelle di Galileo Galilei, Vittorio Alfieri e Michelangelo Buonarroti. Sulla lapide campeggia una frase carica di risentimento: “Qui giace disfatto Girolamo Segato da Belluno che vedrebbesi intero pietrificato se l’arte sua non periva con lui”. Quattro teste di serpe, simbolo di astuzia, immortalità e sapienza circondano il volto mesto dello scienziato a cui la pietra, quella vera, finalmente conferisce gloria eterna.

Il Chiostro dei Morti, basilica di Santa Croce – Firenze

(Foto: Elisabetta Lunghi).
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