Misteriose presenze popolano il parco della Rimonta, un itinerario ancora poco conosciuto che si sviluppa attorno agli omonimi laghetti, nel timido borgo di Lentiai: curiosi, questi spiriti sembrano spuntare da ogni dove, dal cuore dei ceppi, tra i canneti palustri, dal letto del torrente, creando una sorta di dialogo con la natura che li circonda.


Sono infatti creature di legno o di ferro battuto, che nidificano sugli alberi o restano sospesi alle cortecce. Così, come nel più tipico dei racconti di Dino Buzzati, ci troviamo immersi in un mondo fatato, capace di muovere qualcosa di profondo anche negli animi più disincantati.


Raggiungendo il borghetto di Lentiai, un tempo attraversato dalla strada principale e oggi lasciato a margine della nuova variante, ci si avvicina ai Laghetti della Rimonta attraverso un piccolo sentiero che affianca la Rimonta (oggi in secca) ma che di tanto in tanto suggerisce anche dei percorsi alternativi: per questo motivo, il percorso non risulta mai noioso, nemmeno l’ennesima volta che lo si affronta. Ogni anno l’impegno dei volontari nel mantenimento e nella salvaguardia dell’area deve essere notevole, anche considerata la sua vastità.


Il primo punto d’interesse che si incontra è la Calchera della “Croda De Nante”, simbolo della grande operosità dei popoli valbellunesi: questo strumento serviva per lavorare la calce viva e di conseguenza la malta, in genere per costruire o ampliare gli edifici del paese.


Per scoprirne il funzionamento, è bene andare a leggere la minuziosa descrizione predisposta sui pannelli dai volontari: passando sotto al cavalcavia della variante, prima responsabile della diminuzione del traffico in paese, si nota un murales che riporta i mestieri di un tempo e si comprende ancor di più come questo parco tenti di evocare l’antico rapporto di rispetto reciproco che esisteva tra uomo e natura, tra la comunità e il fiume Piave. Già dal 1700 queste pozze alimentavano un canale di tre chilometri che percorreva tutta la Piana di Lentiai, dando energia agli opifici e quindi vita al paese.


La morfologia di quest’area descrive un’area paludosa ricca di biodiversità, così come per il Parco del Setolo Basso o, in modo differente, la Garzaia di Pederobba, ma non è la Rimonta a generare i laghetti che prendono questo nome: è il torrente Forada a dare linfa vitale a un ecosistema straordinario, quasi del tutto immacolato, testimoniato anche dalla presenza del martin pescatore (che qualche volta si ha anche la fortuna di vedere).


L’ampio stagno circondato da boschi igrofili che si incontra dopo una decina di minuti di cammino, dotato anche di un osservatorio, in questa stagione brulica di vita, di richiami, di ronzii, di gorgoglii. Nell’acquitrino si notano pesci e anfibi di varie specie, oltre al dorso di un drago.


No, non è un modo di dire, dalla superficie dello stagno spunta proprio un drago: si tratta di Rufus, una scultura di “Rimontarte” che fa impazzire i più piccoli, ma che ha radici storiche “autentiche”. Nell’antica Chiesetta di Bardies, infatti, l’opera “Tentazione del demonio” nella narrazione della vita di Sant’Antonio rappresenta un drago che ha ispirato quest’opera.
Come anticipato sopra, il drago non è l’unica creatura presente e anzi nel bosco spuntano gnomi, folletti, opere astratte, tante che trovarle tutte non è banale. Dalle mani esperte dei migliori scultori del territorio si possono osservare meravigliose libellule, ragni, formiche, pesci, creature accostate a tutto ciò che invece si può trovare in natura, cervi, aironi, caprioli, tassi, rettili, volpi e, da qualche tempo, è il caso di dire forse anche lupi.


Inoltrandosi verso le radure della Casera Canopét, una vecchia stalla in rovina, si può godere della parte più magica di questo sentiero, che ha anche delle varianti più lunghe: qui sono i ceppi a prendere vita, assumendo volti umani o floreali, creando fascino ma anche un po’ di lieve, piacevole, angoscia nell’escursionista. Queste opere sono capaci di ricordarci quanta vita ci sia oltre una corteccia e di come la parola non sia affatto l’unico modo con cui comunica la natura.












Quest’atmosfera magica accompagna il visitatore lungo tutto il sentiero, che è stato recentemente ripristinato nelle sue passerelle, senza le quali il fango renderebbe difficoltoso il cammino nelle stagioni piovose.












È bene ricordare, anche per rispetto dei vari comitati di volontari che se ne prendono cura periodicamente, che anche un ecosistema così speciale (parte di Rete 2000) è fragile e di certo non immune agli atti vandalici.
Occorre ricordare, insomma, che quelle strane creature nel bosco in qualche modo vi osservano.


Foto: Qdpnews.it © Riproduzione riservata.
#Qdpnews.it