Alla scoperta della Conegliano ebraica: i luoghi e le storie di una delle più importanti comunità del nord-est Italia

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Quella della comunità ebraica di Conegliano è una vicenda durata oltre cinque secoli, attraversando la storia della città dalla fine del Medioevo fino all’epoca moderna.

Un passato ormai sepolto e dimenticato da molti, ma che ha lasciato tracce importanti nel tessuto urbano, ancora oggi visibili se si sa dove cercarle.

A pochi passi da Porta Dante, l’entrata ovest di via XX Settembre, una lapide posta alla fine di via Pietro Caronelli ricorda la comunità “che in queste contrade per secoli poté vivere e operare fedele alla tradizione dei padri”.

Il luogo dove è stata posta la lapide non è dettato semplicemente dal fatto che si trova a pochi passi dal nucleo storico della città: l’area di via Caronelli, delimitata a est dalle antiche mura e a sud-ovest dal torrente Rujo, è stata, a partire dalla fine del Seicento, sede del ghetto ebraico di Conegliano.

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A stabilirlo, dopo una lunga controversia, fu un’ordinanza dei Sindaci Inquisitori di Terraferma emessa il 30 ottobre 1675, ma non si trattava di un luogo regolato da regole rigide che invece vigevano in altre città, e non ci sono prove di un coprifuoco che obbligasse la chiusura dello stesso con cancelli o porte.

Questo particolare dice molto riguardo quello che fu il rapporto tra la comunità e la città di Conegliano: al di là dell’imposizione di concentrare residenze e attività in un’area ben definita, gli ebrei trovarono fin dal loro arrivo, verso la fine del XIV secolo, una certa benevolenza e libertà.

Non ci furono gravi episodi di intolleranza nella lunga storia della permanenza ebraica a Conegliano, e l’episodio più triste, la morte da perseguitato dello storico Adolfo Vital, si inserisce nel tragico contesto delle persecuzioni razziali avvenute durante la seconda guerra mondiale.

Attraversando oggi via Caronelli non si trovano tracce dell’antico ghetto, a parte le tre piccole case che dovettero essere costruite proprio nel periodo di massimo sviluppo dell’area, tra la fine del Seicento e il secolo successivo.

Di fianco a questi edifici, riconoscibili oggi a colpo d’occhio in una via altrimenti dominata da architetture novecentesche, sorgeva un tempo la sinagoga, eretta all’inizio del Settecento e smontata pezzo per pezzo nel 1948 per essere trasportata a Gerusalemme, dove è stata ricostruita ed è ancora oggi utilizzata come luogo di culto per celebrazioni in lingua italiana.

Era riconoscibile perché in cima all’edificio che la ospitava sorgeva una grande lanterna: da qui, guardando verso nord-ovest senza l’intralcio dei grandi palazzi moderni, si scorgeva il monte Cabalan, sede dell’antico cimitero ebraico.

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Il cimitero, ora visitabile grazie alle visite guidate del Centro Coneglianese di Storia e Archeologia che lo ha salvato dalla condizione di abbandono in cui versava, fu utilizzato dalla comunità tra il 1585 e il 1886 (qui l’articolo).

In seguito le sepolture ebraiche trovarono ospitalità nell’apposito spazio riservato nel cimitero civico di San Giuseppe, oggetto anch’esso di un lungo dibattito cittadino per la richiesta, avanzata dagli ebrei, di avere uno spazio cintato la cui terra non poteva entrare in contatto con quella destinata ai cattolici.

Fu proprio qui che trovò il riposo eterno Adolfo Vital, protagonista di un episodio amaro che simbolicamente segnò la conclusione della storia ebraica a Conegliano.

Vital, illustre storico oggi ricordato soprattutto per essere l’iniziatore degli studi moderni della storia coneglianese, durante il periodo delle persecuzioni razziali fu inserito nella lista dei ricercati in quanto ebreo. Nel 1943, ormai anziano e abbandonato, si rifugiò in campagna da alcuni amici, che lo tennero al sicuro e curarono nei suoi ultimi mesi di vita.

Dopo la morte, avvenuta il 18 ottobre 1944, la salma dello storico trovò degna sepoltura grazie ad alcuni amici di fede cattolica: alla cerimonia, silenziosa e mesta tanto da essere ricordata con grande tristezza dai pochi presenti, non poterono partecipare le persone della stessa fede del defunto, perché ancora colpiti dalle persecuzioni del regime nazifascista.

(Fonte: Fabio Zanchetta © Qdpnews.it). 
(Video: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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