“La matematica è una sfida”: Riccardo, il dottorando premiato per la ricerca sull’algoritmo che controlla i droni

Riccardo Ballaben

A settembre, Catania ha ospitato la conferenza “Automatica” alla quale hanno partecipato dottorandi e ricercatori nel settore dei Controlli Automatici, una branca dell’ingegneria. Ad aggiudicarsi il premio per la migliore presentazione per i risultati teorici è stato Riccardo Ballaben, nato a Conegliano e residente a San Pietro di Feletto.

La ricerca che Ballaben ha deciso di presentare verteva sul controllo dei droni ed era già stata pubblicata lo scorso giugno sulla rivista internazionale “Control System Letters”. Per chiarire un po’ meglio a chi non è del mestiere di cosa si occupa questo settore dell’ingegneria, Ballaben spiega: “L’automatica studia sistemi fisici – nel caso dell’ingegneria per esempio razzi, auto o droni per l’appunto – con lo scopo di descriverli in modo matematico, quindi preciso, per controllarli”.

Il suo lavoro riguardava in particolare “un problema che presenta un certo tipo di algoritmo di controllo per droni. Per farla semplice, con questo algoritmo di controllo il drone deve essere ‘limitato’ nei movimenti che può fare: non può compiere manovre veloci e aggressive, per esempio. La mia proposta consisteva perciò nella modifica di questo algoritmo e la dimostrazione matematica del suo funzionamento. In termini pratici lo si può tradurre nel far ruotare il drone a testa in giù per farlo volare verso il basso più velocemente, o invertire la sua direzione di movimento (da muoversi verso destra a verso sinistra, per esempio) con maggiore dinamicità”.

Il giovane dottorando vanta una carriera accademica brillante: dopo la maturità scientifica conseguita al Liceo Marconi di Conegliano con il massimo dei voti, si iscrive alla facoltà di Ingegneria Industriale a Trieste, dove si laurea nel 2019 con voto 110 e lode. Successivamente prosegue gli studi con la laurea magistrale all’università di Trento, in Ingegneria Meccatronica in lingua inglese, conseguita nel 2022 con votazione 110 e lode. Dal novembre scorso inizia un dottorato di ricerca con borsa di studio, sempre a Trento, sotto la supervisione del professore Luca Zaccarian, nel settore dei controlli automatici e modelli dinamici.

Al termine dei tre anni di dottorando, Riccardo intravede per sé un futuro da ricercatore e poi, un giorno, da professore universitario. Una carriera da intraprendere in Italia o all’estero? “All’estero, perché qui veniamo considerati più ‘studenti con la borsa’, cosa che da un lato consente di avere maggiore flessibilità non avendo un contratto di lavoro vero e proprio, dall’altro risente però di stipendi bassi e del mancato riconoscimento come lavoratore. Poi il dottorato in generale ti permette di viaggiare molto: per esempio questo (a Catania ndr) è il terzo viaggio che faccio ed è il mio primo anno”.

Da sempre affine alla matematica, ne parla come ciò che “attraverso teoremi e dimostrazioni è in grado di dare garanzie”. Cosa lo affascina di questa disciplina? “Intanto è una sfida: approfondendo lo studio di determinati settori incontri concetti nuovi che a prima vista sembrano incomprensibili. Poi mi piacciono la chiarezza e il rigore matematico: una volta che le cose sono state scritte bene si capiscono e si leggono, sono chiare in modo univoco”.

Sarà forse proprio lo stesso rigore matematico a non consentire vie di mezzo per chi la studia tra i banchi di scuola: la matematica o la si ama o la si odia. Così immediata e intuitiva per alcuni, altrettanto sofferta e incomprensibile per altri. Avvicinare i ragazzi a questa disciplina è forse la vera sfida. “Fondamentale per me è stato il mio insegnante di Analisi 2. Grazie a lui ho iniziato ad appassionarmi davvero alla matematica e ho finalmente capito come ciò che avevo studiato alle superiori e al primo anno di università potesse essere speso per qualcosa che avesse senso. Ho capito che serve a descrivere la realtà, ci puoi fare sul serio delle cose. Capisco però che a ragazzi delle superiori con conoscenze limitate possa essere difficile mostrare questo lato della matematica. Di sicuro richiede impegno. Ricordo una frase sentita da un professore di Padova: ‘Studiare l’analisi vuol dire leggere qualcosa, pensare che quella cosa non abbia senso e spendere un pomeriggio arrivando a capire che quella cosa è tutta’. Bisogna sfidarsi, spaccarsi la testa finché le cose non si capiscono perché devi arrivare a capirle poi. Per quanto riguarda l’insegnamento alle superiori punterei più sugli aspetti pratici: far vedere come le Ferrari utilizzano le matrici che studiano perché ci sono le matrici di rotazione, fargli vedere che per capire come mandare un razzo in orbita servono le derivate… forse questo potrebbe stimolarli. Però è difficile perché talvolta capita che siano in primis i ragazzi a non voler essere stimolati”.

Inoltre è pur sempre vero che, nonostante le innumerevoli applicazioni pratiche, anche la matematica si riserva una buona dose di astrazione. “Ogni tanto si scherza tra noi colleghi e dico ‘Facciamo filosofia in matematica’”. E a dimostrazione di come la matematica sia un po’ dappertutto conclude: “Modelli matematici si applicano ovunque, basti pensare a quello del Covid. E ho un amico collega che fa modelli per la diffusione delle malattie: è un matematico, ma applicato al settore della medicina”.

(Foto: per concessione di Riccardo Ballaben).
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