La parrocchiale dei Santi Rocco e Domenico, tra il dramma della peste e i capolavori degli artisti del nostro territorio

La chiesa dedicata ai santi Rocco e Domenico è la più recente delle tre parrocchiali del centro di Conegliano. La sua posizione su Corso Vittorio Emanuele II – strada centrale in città – parla di un ruolo non marginale nella storia della devozione locale. Questo ruolo è da ricondursi alla lunga sequenza di pestilenze del passato, attorno alle quali si sviluppa lo speciale affidamento alla taumaturga figura di San Rocco.

La prima cappella dedicata al santo viene eretta dopo l’epidemia del 1476 presso la scomparsa chiesa di San Francesco, mentre per arrivare al progetto di un edificio a sé stante si deve attendere la peste del 1630. Nove anni sono necessari per terminare la costruzione, ma non la sua rifinitura con gli arredi. La difficoltà a reperire i fondi necessari fa sì che solo nell’Ottocento gli iniziali altari in legno vengano sostituiti da dei manufatti in marmo, dismessi da altre chiese.

Questo lungo periodo di assestamento della parrocchiale vede nel completamento della facciata – ad opera dell’architetto veneziano Vincenzo Rinaldo, del 1901 – il suo punto di arrivo. Il suo aspetto è chiaramente legato al periodo neoclassico, con lesene scanalate, capitelli corinzi, fregi e timpani a incorniciare un semplice ed elegante rosone i cui quattro trafori circolari sono disposti in forma di croce. L’intero impianto decorativo poggia su di un portico della seconda metà del Seicento, dal quale si accede all’aula. Qui la navata unica – anch’essa di sapore neoclassico – è ritmata da lesene e dall’apertura delle cappelle laterali.

Una nota di colore in mezzo alle superfici chiare delle pareti si trova sul soffitto, dove un affresco ad opera di Giovanni de Min del 1827 propone un turbine di angeli come scenografia dell’Apoteosi dei santi Rocco e Domenico. La presenza di san Domenico – seconda dedicazione della chiesa – si deve all’annessione di un monastero di monache domenicane, legato alla parrocchiale nel periodo tra il 1639 e il 1810.

Altra opera pittorica di notevole valore e suggestione è la pala del Pozzoserrato del 1593, proveniente da un altro oratorio cittadino e collocata ora sulla parete di fondo del presbiterio: si tratta delle Nozze mistiche di santa Caterina d’Alessandria, pensate come un intimo convivio di santi, stretti e partecipi attorno alla scena nuziale.

Oltre a queste opere principali, altre si possono trovare all’interno delle cappelle laterali dell’aula, tra cui gli affreschi di Giuseppe Modolo a sinistra dell’altar maggiore, o le sculture del solighese Paolo Possamai: suo il San Rocco accompagnato dal cane, immortalato nella classica posizione di mostrare la piaga sulla gamba; sua anche l’Immacolata, fanciulla dai tratti di particolare delicatezza, coperta di un manto fittamente trapuntato di stelle.

La presenza di queste ed altre opere richiede una visita lenta, che si nutra di dettagli e sfumature. Una visita che non si aspetti la presenza di capolavori solo nella zona dell’altar maggiore. Una visita, infine, che alleni i nostri occhi ad una ricerca non scontata della Bellezza.

(Autore: Cristina Chiesura).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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