Malattie cardiache e tumori: qual è il legame? Pubblicato lo studio della Fondazione ABC Study on Heart Disease Association-Foundation-ONLUS

Il dottor Giuseppe Berton e lo studente di Medicina David Merotto

Esiste un legame tra le malattie cardiache e l’insorgenza di tumori? A questa domanda ha risposto uno studio condotto dalla Fondazione ABC (Adria, Bassano, Conegliano and Padova Hospitals) Study on Heart Disease Association-Foundation-ONLUS, con sede all’Ospedale de Gironcoli, a Conegliano. Realtà guidata dal medico cardiologo Giuseppe Berton.

Il dottor Giuseppe Berton spiega il legame tra malattie cardiache e insorgenza di tumori – Video di Arianna Ceschin

Un’importante rivista internazionale della Società europea di Cardiologia (ESC Heart Failure) ha infatti pubblicato un lavoro di ricerca, eseguito dalla Fondazione su un gruppo di pazienti post infartuati, questi ultimi seguiti negli ultimi 24 anni.

Il lavoro scientifico originale è già disponibile sul sito della Fondazione: il focus, su cui la Fondazione stessa si è concentrata, è il rischio di comparsa di tumore nel lungo periodo.

“Lo studio tocca un argomento che suscita sempre di più interesse: la correlazione tra la malattia di cuore e la comparsa di tumore – ha spiegato il dottor Giuseppe Berton – Abbiamo eseguito dei controlli su un campione di 572 pazienti post infartuati, seguiti da 24 anni, con l’obiettivo di rilevare l’eventuale insorgere di eventi e complicanze. Uno studio eseguito nell’ottica della prevenzione”.

Il medico ha spiegato che, “fino a non molti anni fa”, il lavoro del cardiologo e dell’oncologo tendeva a restare circoscritto nelle rispettive specializzazioni, procedendo su “strade separate”. Un passo importante è stato fatto negli ultimi anni, quando una ricercatrice dell’Università della Florida, Alexandra Lucas, individuò delle radici comuni per le malattie cardiache e neoplastiche.

“Questi studi ebbero un’importante eco e fecero emergere come un’infiammazione di fondo favorisca la comparsa di entrambe le patologie: è tutto un campo da esplorare – ha proseguito il dottor Berton – Abbiamo diviso i pazienti post-infartuati in due gruppi, da un lato chi presentava uno scompenso di cuore, durante il ricovero in Cardiologia, e chi no”.

Come ha precisato il medico cardiologo, lo scompenso di cuore è una delle complicanze più importanti dell’infarto, che si manifesta ad esempio con la mancanza di respiro, stasi polmonare e gonfiore alle gambe. In sostanza, nello scompenso cardiaco il cuore diventa insufficiente e non riesce a mantenere un circolo adeguato. Questo fatto è molto importante per la prognosi e, quindi, per il futuro del paziente.

“Nel nostro lavoro di ricerca scientifica, durato ben 24 anni, abbiamo visto che l’incidenza di tumore è maggiore in chi ha un cuore ben conservato, cioè non scompensato – ha aggiunto – Forse la cosa più rilevante di questo nuovo studio sta nel fatto che i risultati vanno in controtendenza rispetto alla letteratura scientifica. Riteniamo che la differenza di risultati sia dovuta al lungo periodo di studio, di ben 24 anni: infatti, di solito questi lavori vengono fatti su periodi di gran lunga più brevi”.

“Questi risultati possono essere utili, da un lato, a supporto dello studio delle cause e dei meccanismi di queste due malattie, ma sono importanti anche nell’ottica della prevenzione – ha ribadito Giuseppe Berton – Un altro aspetto che questo studio ha mostrato è la relazione tra insorgenza del tumore ed età del paziente: l’età avanzata e l’età più giovane hanno una diversa relazione con lo scompenso di cuore e l’insorgenza di neoplasia. C’è una relazione che si modifica con l’avanzare dell’età“.

Ma non è tutto: a maggio la Fondazione sarà presente al Palacongressi di Rimini, al Congresso della Società italiana di Cardiologia, a cui parteciperà anche lo studente di Medicina David Merotto, fellow della Fondazione: “Presenteremo quello che è l’impatto dello stress psicoemotivo sulla funzione cardiovascolare su un campione di pazienti coronaropatici e non coronaropatici – ha spiegato – Già i primi dati mostrano come la pressione diastolica aumenta nei pazienti con stress ed è più marcato nelle persone non coronaropatiche. Questo fatto pensiamo sia importante nell’ottica della prevenzione cardiovascolare”.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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