L’atelier di Franco Corrocher, l’artista post-surrealista che ha scelto Conegliano come sua musa ispiratrice

L’atelier di Franco Corrocher si trova nel cuore del centro storico di Conegliano, al pianterreno della quattrocentesca Casa Sbarra, antico palazzo situato a metà strada tra la Casa del Cima e Palazzo Da Collo.

Due edifici, questi ultimi, che riportano alla mente celebri figure della storia locale: da una parte Cima da Conegliano, caposaldo dell’antica tradizione pittorica veneta che ha reso la città nota in tutto il mondo, dall’altra Francesco Da Collo, diplomatico che superò i confini dell’Europa e lasciò numerose testimonianze dei suoi viaggi in un prezioso diario che ancora oggi suscita grande fascino tra gli studiosi.

Tradizione e desiderio di spingersi oltre quello che è già noto sono due elementi che ricorrono, a volte in parallelo, altre intrecciandosi, nelle opere di Corrocher, artista poliedrico che, parlando della propria arte, ama definirla “post-surrealista” e “colta”.

La citazione colta è certamente un elemento evidente e importante nella pittura dell’artista, e si manifesta tanto nella forma dell’omaggio, più evidente, quanto in quella del singolo elemento ripreso dalla tradizione artistica e ricontestualizzato in una composizione originale che apre nuovi significati a quel “prestito”.

L’occhio attento può scorgere nell’atelier dell’artista frammenti di Francesco Hayez, Max Ernst, H. R. Giger o René Magritte, ma li trova incastonati in composizioni oniriche nelle quali si rivelano a tratti come elementi “pop” e a tratti come patrimonio dell’inconscio.

Ma questo scavare nella memoria è solo un lato della medaglia: l’altro è costituito dalla costante e instancabile ricerca tecnica condotta dal pittore, che non teme di valicare in continuazione il confine tra figurazione e astrazione, nell’intento di trovare forme nuove o di riscoprire quelle antiche.

Se si capita nel periodo giusto si può trovare, esposto al centro del suo atelier, uno dei tanti studi che Corrocher ama portare avanti per periodi anche molto lunghi. Nature morte, di grande realismo e raffinatezza tecnica, ispirate ai virtuosismi della pittura fiamminga seicentesca in cui ogni velatura d’olio costituisce una porzione del loro mistero che viene svelata.

Lì vicino, grandi tavole di legno dipinte ricordano le origini del Corrocher artista: fu il padre, infatti, ad iniziarlo alle tecniche artistiche a solo sei anni, insegnandogli la scultura del legno.

Divenuto artista maturo, Corrocher iniziò a prendere tavole che non servivano più a nessuno e usarle per dare sfogo alla sua immaginazione più libera, disegnando le venature del legno fino a farle diventare forme espressive, oppure usando il legno nudo come tavolozza per piccoli, quanto sorprendenti, trompe-l’oeil.

Tra tutti i viaggi che hanno caratterizzato la sua ormai cinquantennale carriera, Franco Corrocher ama citarne uno in particolare, che in qualche modo condensa il significato di un’arte che guarda tanto al passato quanto al futuro: si tratta di quello a Worms, in Germania, nel 2001.

L’occasione fu quella di organizzare un’importante esposizione nella città tedesca: le sue opere si ritrovarono infatti tra quelle dei grandi maestri fiamminghi custodite al museo Heylshof e lui, contemporaneo post-moderno, vide più lucente che mai il filo rosso che lo lega ai grandi classici.

(Fonte: Fabio Zanchetta © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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