È stata presentata a gennaio, nella sala Turroni a Oderzo, il primo numero di «Fragmenta», promettente rivista trevigiana di “scienze storico-artistiche e archeologiche” edita da Antiga, contenente un articolo di Raffaello Padovan sul carteggio inedito tra il nobile Gerolamo Sugana di Treviso e il pittore opitergino Giambattista Carrer.
La presentazione è stata introdotta da Maria Teresa Tolotto, direttrice dell’Archivio e del Museo del Duomo di Oderzo, e dal direttore editoriale Andrea Simionato, che coglie in questa coraggiosa operazione “la strada per una ripartenza attraverso l’arte, la cultura, il bello”. Scopo della rivista, il cui nome riprende il noto motto giovanneo “colligite fragmenta ne pereant” (6, 12), è di “fare informazione e fornire approfondimenti sui temi dell’arte, in maniera ampia e trasversale, che riguardano il territorio trevigiano”.
L’epistolario tra i pittori Leonardo Gavagnin (1809-97) e Giambattista Carrer (1799-1850) con il conte Gerolamo Sugana (1799-1879), conservato presso l’Archivio Capitolare di Treviso, non solo tratteggia un inedito profilo del nobile trevigiano quale “buon conoscitore delle arti e mecenate”, ma permette altresì di chiarire e ricostruire l’opera del pittore opitergino, individuando aggiunte e correzioni al suo catalogo.
Nato da una povera famiglia di Cavalier, Gian Battista Carrer (1800-50) si trasferì a Venezia nella nobile famiglia Guizzetti, divenendo in seguito allievo di Teodoro Matteini all’Imperial-Regia Accademia di Venezia (1819-31). Definito da Filippo Nani-Mocenigo “pittore di sentimento”, si inserì pienamente nella corrente che “ben connubia i due Rinascimenti Italiani (quello veneziano di Giovanni Bellini e quello tosco-romano di Raffaello)” in una “maniera idealizzante (tipicamente ottocentesca) di ascendenza purista” (R. Padovan), come si può notare nella tela della Madonna con Bambino (1850), ora conservata nella curia vescovile di Padova, e nella pala della Madonna del Carmine (1840), realizzata per la chiesa di S. Aponal a Venezia, in cui la Vergine appare avvolta dalla tipica aura dorata dipinta con “tinte soffuse” (N. Nardini).
Le sue opere si trovano nelle chiese di Venezia (S. Aponal e Gesuati), in Dalmazia (Blatta), nelle diocesi di Treviso (Olmi, San Floriano, Postioma, San Trovaso, Campocroce, Paderno, Cappella, Preganziol e Treviso) e di Ceneda (Conegliano e San Vendemiano). L’epistolario permette inoltre di ricostruire la sua attività di ritrattista presso importanti committenti trevigiani (Onigo, Avogaro, Sugana, Spineda, Petechie e Albrizzi), a cui va aggiunto un gruppo di nove ritratti a olio provenienti dalla famiglia Gorgo di Padova (ora depositati presso la galleria antiquaria Nuova Arcadia di Padova).
Raffaello Padovan ha inoltre ristabilito la corretta attribuzione relativa a una pala della parrocchiale di San Vendemiano, assegnando definitivamente al Carrer la Deposizione della Croce posta sull’altare di S. Agnese (1832).
Tra gli altri contributi della rivista, dedicati ad artisti (Tommaso da Modena, Girolamo da Treviso il Giovane, Jacopo Bassano), edifici religiosi (chiesa di S. Nicolò di Treviso, convento domenicano di S. Paolo di Treviso, arcipretale di S. Maria Assunta di Mogliano) e residenze (palazzi Pola di Barcon e Bettignoli di Volpago), riveste particolare interesse per l’Opitergino l’articolo di Claudio Simonato e Francesca Faleschini relativo al pittore Sebastiano Santi (1789-1866), autore del “magnifico e stupendo” interno (V. Andreetta) della chiesa di S. Teresa di Portobuffolè e di altre opere (ora perdute) nella parrocchiale di S. Fosca a Roncadelle (1864).
Questo evento segue a distanza di un mese l’intervento di Maria Teresa Tolotto e Claudio Rorato al Museo di S. Caterina di Treviso, nel quale è stata avanzata per la prima volta l’attribuzione degli affreschi dei palazzi Saccomani e Salvini di Oderzo al pictor insignis Paris Bordon (1500-71), e precede la successiva conferenza prevista a Oderzo per il mese di febbraio, che verterà sugli scritti inediti del pittore opitergino Giulio Ettore Erler (1876-1964).
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