Nuovo tassello nel complesso mosaico della prevenzione: a porlo è ancora una volta il dottor Giuseppe Berton, cardiologo e membro della commissione scientifica di Qdpnews.it, nonché fondatore e presidente dell’ABC (Adria, Bassano, Conegliano and Padova Hospitals) Study on Heart Disease Association-Foundation-ONLUS, con sede all’Ospedale de Gironcoli, a Conegliano.
Nell’ultima puntata dedicata alla salute, il cardiologo aveva evidenziato la relazione tra pressione arteriosa e il rischio di insorgenza dell’ictus.
Oltre a questo, secondo quanto sottolineato dal medico, è bene tenere presente quanto la questione sia strettamente collegata anche alla funzione renale.
Ed è proprio tale aspetto che il dottor Giuseppe Berton ha illustrato lo scorso mese ad Amsterdam, invitato a partecipare al congresso organizzato dalla Società Europea di Cardiologia, accompagnato da Mattia Dario Ludovico, nuovo fellow-borsista della Fondazione.
“Si tratta di una ricerca iniziata nel 1998, che riguarda 589 pazienti infartuati (su 798 totali studiati ), giunta ora al 24esimo anno di follow-up. Di questi, 44 sono morti a causa di ictus ischemico o emorragico – ha spiegato Mattia Dario Ludovico – Dall’analisi dei dati è emerso un legame tra ipertensione arteriosa (come già ampiamente noto), albuminuria (che può essere considerato un fattore nuovo) e comparsa di ictus”.
Quello citato, è un binomio che tende a far aumentare la comparsa di ictus, con un fattore di rischio 4 volte superiore rispetto ai pazienti senza questi due fattori combinati.
“Un altro fattore importante è la funzione renale, – ha ribadito Berton – perché anche l’insufficienza renale porta all’aumento del rischio di ictus“.
Le lunghe e impegnative analisi di questi anni hanno evidenziato che, quando il paziente viene colpito da infarto di cuore, il danno non si limita a livello locale (coronarie e miocardio) ma è un danno generale, che coinvolge l’intero circolo e anche la funzione renale.
Un precedente articolo scientifico pubblicato a livello internazionale dall’ABC Study Foundation, ha mostrato come durante l’infarto miocardico si sviluppi una “disfunzione endoteliale generale acuta” (che coinvolge l’intero circolo). Il grado di severità di questa disfunzione si studia bene con la misurazione della albuminuria ed è associato alla prognosi del paziente, inclusa la comparsa di ictus nel lungo termine.
“Attualmente la nostra filosofia di ricerca punta sempre di più, – dice il dottor Berton – da un lato alla prevenzione degli eventi sfavorevoli, e dall’altro al divenire delle malattie”.
E proprio per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, il dottor Berton ha ricordato la rilevanza del fattore territoriale.
“Ad esempio, se si considerano differenti aree geografiche (nel nostro caso all’interno della Regione del Veneto), l’incidenza dell’ictus non è omogenea. Ciò ha stimolato un nuovo interesse della ricerca – ha affermato – Gli abitanti delle zone cittadine, infatti, hanno un rischio maggiore di sviluppare un ictus (rischio dell’85% in più), rispetto alle zone rurali”.
“Èstata osservata inoltre una differenza tra nord e sud del Veneto, dove il rischio della patologia è marcatamente più elevato”, ha concluso il dottor Berton.
Tutto questo fa pensare che, nella valutazione e nel trattamento dei pazienti, sia importante considerare non solo i fattori clinici del malato, ma anche le differenze territoriali.
(Foto e video: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
#Qdpnews.it