Giù le campane del campanile di Col San Martino, saranno restaurate. La più antica fu collocata dopo la Grande Guerra

Ieri, martedì 2 marzo, a Col San Martino molte persone hanno assistito ad un evento che non si vedeva da più di cent’anni, un ricordo drammatico all’epoca della Grande Guerra, oggi invece molto positivo.

Il braccio meccanico di una gru ha calato a terra, dalla cima del campanile, le quattro campane. Il parroco, don Carlo Maccari, ha fatto sapere che la scenografica “discesa” delle campane è avvenuta perché necessitano di essere restaurate da una ditta specializzata di Legnaro, in provincia di Padova.

Una campana, la più grande, ha infatti una crepa che sarà saldata; verranno inoltre sostituiti batocchi e martelletti e sarà irrobustito il “castello” del campanile, dove sono agganciate le campane, per avere meno vibrazioni. A tutte sarà anche modificato l’attacco per far battere il batocchio in una posizione diversa da quella attuale.

Due campane hanno una storia davvero particolare, che riempie d’orgoglio la parrocchia di Col San Martino. Una, collocata nel 1968, riporta il nome del vescovo Albino Luciani, eletto al soglio pontificio il 26 agosto 1978 con il nome di Papa Giovanni Paolo I.

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L’altra campana ha ben 101 anni: è infatti risalente al 1920 e fu posizionata dopo uno dei periodi più bui per la Sinistra Piave Trevigiana, l’anno della fame 1917-1918.

Quando infatti gli Austro-ungarici e i Tedeschi occuparono questo territorio dopo la disfatta italiana a Caporetto, privarono molti campanili delle loro campane e le fusero sia in segno di disprezzo verso i paesi occupati sia per produrre cannoni ed altri pezzi d’artiglieria pesante.

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Fu un duro colpo per i nostri antenati, per gran parte talmente poveri da non potersi permettere un orologio e analfabeti. Il suono delle campane a festa e il vibrare cadenzato del batocchio era vitale per far conoscere lo scorrere del tempo a chi lavorava lontano dei campanili, magari nei campi e nei vigneti.
Esserne privati fu come perdere la cognizione del tempo, come essere rinchiusi in un limbo privo di suoni allegri e, quindi, privi di speranza in un futuro diverso.

Nell’immediato primo dopoguerra l’Esercito italiano attuò il suo contrappasso: buona parte dei pezzi di artiglieria abbandonati dal nemico nelle giornate gloriose della Battaglia di Vittorio Veneto furono fusi per ridare nuova vita al suono tanto caro delle campane.

Una storia di rivincita e di rinascita che l’antica campana di Col San Martino ha raccontato ogni giorno dal 1920 e che, dopo il restauro conservativo a Legnaro, potrà testimoniare ancora per tanto tempo.

(Fonte: Luca Nardi © Qdpnews.it).
(Foto: Facebook).
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