Se n’è andata Marina Cicogna, la “Signora del Cinema”: il nonno inventò la Mostra di Venezia e Porto Marghera

Marina Cicogna con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla cerimonia di presentazione dei candidati al David di Donatello 2023

Il mondo del cinema italiano, e non solo, perde una delle sue figure più rappresentative: è mancata ieri a Roma Marina Cicogna (Mozzoni Volpi di Misurata, per esteso), talentuosa produttrice, che seppe imporre la propria firma nel panorama cinematografico italiano ed europeo.

Nata a Roma il 29 maggio 1934 e di origini nobiliari, se n’è andata all’età di 89 anni, lasciando dietro di sé un alone di nostalgia per un periodo di fasti, di dive e di talenti che non torneranno più.

Maestra di eleganza e di stile, appassionata di fotografia e autrice di volumi di immagini, ebbe occhio per le pellicole che ancora oggi sono ricordate nella storia del cinema del nostro Paese.

Negli anni Sessanta il suo nome iniziò a circolare e a imporsi come quello della prima donna d’Europa a intraprendere il mestiere di produttrice, quando questo era ancora un ruolo del tutto maschile.

Era figlia del conte Cesare Cicogna Mozzonicoproduttore del capolavoro del Neorealismo “Ladri di biciclette” (1948) di Vittorio De Sica, e della contessa Annamaria Volpi di Misurata.

Da evidenziare, inoltre, che Marina Cicogna era la nipote del conte veneziano Giuseppe Volpi di Misurata (tra le varie cose presidente anche della Biennale di Venezia e di Confindustria), figura ricordata per un doppio primato: in primis, per aver inventato nel 1932 la Mostra d’arte Cinematografica di Venezia e, non a caso, prende il nome proprio di “Coppa Volpi” il riconoscimento alla miglior interpretazione maschile e femminile.

Ma al nonno Giuseppe Volpi si deve anche la paternità di Porto Marghera: nel 1917, in un periodo in cui si cercava una soluzione per sviluppare le attività portuali di Venezia, il conte lanciò la proposta per la costruzione di un porto industriale, che fungesse da area industriale e da scalo marittimo, in grado di rifornire le imprese che si sarebbero lì insediate e per dare supporto alle esportazioni via mare dall’entroterra veneziano.

Il conte ebbe un legame non solo con il territorio veneziano, ma anche con il Trevigiano, visto l’acquisto nel 1934 di Villa Barbaro a Maser (capolavoro palladiano, realizzato nel Cinquecento), poi lasciato a una delle due figlie, Marina (la zia omonima della produttrice), che lì si insediò, occupandosi del restauro e della valorizzazione del complesso.

Come la stessa produttrice ha ricordato in una delle sue numerose interviste rilasciate, da piccola aveva l’abitudine di frequentare le sale cinematografiche del Lido: “Facevo finta di andare a scuola, invece andavo al cinema. Avevo 10 anni – ha raccontato – C’è sempre stato questo amore per il cinema“.

Fu così, che fin da piccola, respirò una certa “aria di cinema”, frequentando i miti e le dive di un mondo dello spettacolo che oggi non esiste più.

Lavorò con attori e registi di massimo livello, promuovendo il cosiddetto cinema d’autore. Un’avventura iniziata negli anni sessanta, con il fratello (poi morto suicida), nella casa di produzione “Euro International Films”, rilevata dalla madre (successivamente lavorò per un breve periodo anche per la Paramount).

Tra i film prodotti ci sono “Teorema” di Pier Paolo Pasolini (1968), “Il giorno della civetta” (1968) di Damiano Damiani con Franco Nero e Claudia Cardinale, “Mimì Metallurgico” (1972) di Lina Wertmuller con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, “C’era una volta il West” (1968) diretto da Sergio Leone, “Metti, una sera a cena” (1969) di Giuseppe Petroni Griffi, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri con Gian Maria Volontè, che nel 1971 vinse il Premio Oscar come miglior film straniero.

Marina Cicogna fu quindi la prima produttrice a vincere un Oscar, confermando il suo talento e l’occhio per le novità, qualità che l’aiutarono a imporsi nel mondo del cinema.

Non a caso, il “New York Times” la definì “una delle donne più potenti al mondo”.

Fece parlare di sé anche per la sua vita privata: fu sentimentalmente legata ad Alain Delon Warren Beatty, ma per 20 anni ebbe una relazione con l’attrice brasiliana Florinda Bolkan, in un’epoca in cui era cosa rara parlare dell’amore tra due donne. Poi rimase legata, fino alla sua morte, alla compagna Benedetta Gardona, nel tempo adottata come figlia per questioni ereditarie.

Ma, nonostante ciò, come la stessa Cicogna ha rivelato nelle sue interviste, non ha mai amato definirsi: “Non ritengo indispensabile classificarsi – ha detto – Credo che, dietro a una porta, ognuno di noi fa quello che gli pare e non lo deve dichiarare”.

Lo scorso maggio Marina Cicogna ha ricevuto il David di Donatello alla carriera: “Il cinema io l’ho fatto in libertà – ha detto in quell’occasione – Sempre su cose in cui io credevo e gli altri no”.

Una figura straordinaria, emblema del talento e della creatività dell’ambiente cinematografico italiano.

(Foto: Wikipedia).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Articoli correlati