Filiale della pieve di Tarzo, la chiesa di S. Bartolomeo di Arfanta è attestata per la prima volta nel 1282, quando riceve un beneficio da Marco Tenagla d’Arfanta, monaco cistercense dell’abbazia di Follina. È divenuta parrocchia nel 1947, dopo essere stata per secoli curazia alle dipendenze di Corbanese.
L’attuale edificio, il cui nucleo originario risale al Quattrocento, è dotato di tre altari. Il maggiore, realizzato in marmo da Marco Torresini da Venezia (1703), ospita la pala di Francesco da Milano che rappresenta la Madonna con Bambino in trono tra i santi Sebastiano, Antonio abate, Bartolomeo e l’arcangelo Michele (1522).
L’altare ligneo di S. Antonio è opera dei fratelli Ghirlanduzzi (1656). Nel fornice contiene la pala della Madonna col Bambino fra i santi Apollonia, Antonio da Padova, Giuseppe e Liberale di Antonio Lazzarini da Belluno (1703), su cui è stata successivamente integrata una cimasa con l’immagine del Padre Eterno di Francesco da Milano. Alle estremità laterali l’altare si dilata con l’aggiunta di due propaggini ospitanti due statue di Santi, mentre sopra un attico s’imposta una terza nicchia con la statua di San Bartolomeo.
L’altare del Rosario contiene la pala Madonna del Rosario col Bambino fra i santi Rosa, Domenico, Augusta e le anime del Purgatorio attribuita alla tarda attività di Antonio Gabrieli di Belluno, in cui il tema sacro si coniuga con le raffinatezze cromatiche del linguaggio rococò.
La liturgia si avvale di un organo di Gaetano Callido (1802), mentre in sacrestia si conservano una tabella pacis del Seicento e una croce astile del Quattrocento in rame dorato con la figura del santo patrono. È invece stato ceduto al duomo di Conegliano il quattrocentesco battistero, sul quale è inciso lo stemma del vescovo di Ceneda Nicolò Trevisan.
L’antico borgo di Zuvello (ora Resera), che si trova in posizione elevata su un ampio panorama naturale, è costituito da case (resti di torrioni e fortificazioni medievali) con al centro l’antica chiesa campestre di S. Andrea. All’edificio primigenio, attestato nel 1324, risale il pavimento recentemente scoperto sotto l’attuale.
L’interno, costituito da semplice aula coperta da capriate a vista, è illuminato da due finestre rettangolari e, in prossimità dell’abside, da una luce soffusa filtrata da una piccola apertura con sguancio affrescato nel XV secolo.
L’altare maggiore sfoggia il trittico del pittore austriaco Mathias Gremsl con l’Incoronazione della Vergine tra i santi Andrea e Antonio abate al centro, Sant’Osvaldo a destra e San Silvestro a sinistra, caratterizzato da una pennellata forte e da una tavolozza cromatica molto intensa.
Sulle due pareti, in posizione speculare, sono conservati i riquadri devozionali di Santa Margherita e della Madonna con Bambino, entrambi affrescati nel 1474 da un ignoto pittore debitore della lezione di Giovanni di Francia. Santa Margherita d’Antiochia ostenta la croce mentre trattiene al guinzaglio il drago ammansito, simbolo delle tentazioni. Martirizzata sotto l’imperatore romano Diocleziano (290 d.C.), è la santa invocata dalle donne in partu periclitans. La Madonna sostiene Gesù che ha il globo crucigero, simbolo della supremazia di Cristo sui poteri terreni, mentre con l’altra mano mostra una rosa senza spine, allusione alla sua purezza.
Al XVI secolo risalgono gli altri affreschi: un Dottore della Chiesa con un libro chiuso (simbolo delle legittimità della Chiesa), San Rocco (protettore dalle epidemie) e San Bovo (protettore del bestiame).
(Autore: Giuliano Ros).
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