Peste suina nell’Alta Marca Trevigiana, il vicepresidente della riserva di Tarzo: “Per ora nessun caso, ma l’allerta è ai massimi livelli”

Quello della peste suina, ovvero una malattia virale dei maiali domestici e dei cinghiali fortunatamente non trasmissibile agli uomini, è un problema che ha già colpito il Piemonte e la Liguria.

La paura, vista l’alta contagiosità tra gli animali e la massiccia presenza di cinghiali nel territorio è quella che ben presto questa malattia possa colpire anche il Veneto, compresa l’Alta Marca Trevigiana.

Proprio a causa dell’alta contagiosità di questa malattia, l’espansione e i metodi per cercare di limitarla non riguardano solamente i cacciatori e gli allevatori: “Nelle zone del Piemonte e della Liguria, nei circa 114 Comuni colpiti dal focolaio, sono state vietate per 6 mesi la caccia, la pesca, il trekking, le escursioni in mountain bike, la ricerca di funghi e tartufi – spiega Rolando Dalle Crode, vicepresidente della riserva alpina di Tarzo – questo oltre all’abbattimento di tutti i maiali dell’allevamento in cui si verifica un caso e anche di quelli sani nel caso ci siano state contaminazioni da parte degli allevatori. Questo sta causando anche un grosso danno economico”.

“Per quanto riguarda la peste suina, fortunatamente nelle nostre zone non si è verificato nessun caso, ma l’allerta rimane comunque ai massimi livelli. A noi cacciatori è stato imposto l’obbligo di comunicare la presenza di carcasse di cinghiali. La situazione rimane preoccupante ma potrebbe diventare drammatica nel caso venissero trovati degli esemplari morti – continua il vicepresidente – La presenza di questa malattia significherebbe bloccare non solamente l’attività venatoria, che per quanto potrebbe dispiacere agli appassionati non sarebbe un problema, ma anche tutte le altre attività all’aria aperta. Se fino ad ora abbiamo considerato solo l’aspetto sanitario della vicenda non bisogna dimenticare quello economico per gli allevatori di suini. L’arrivo di questa epidemia significherebbe bloccare l’export e la consumazione delle nostre carni”.

“C’è una differenza tra la caccia e l’eradicazione – precisa – nel caso del cinghiale nella provincia di Treviso si tratta di una vera e propria ricerca di estinzione di questo animale e non di una pratica sportiva come la caccia di altri animali. Per i non addetti ai lavori le parole caccia ed eradicazione possono sembrare la stessa cosa ma non è così. La volontà che il cinghiale non sia più presente nei nostri territori non è una decisione presa dai cacciatori, ma questi sono stati usati da dei diversi enti come Regione e Provincia che hanno dichiarato questa specie non adatta al territorio. Questa pratica viene svolta principalmente su appostamento in punti sparo mappati regolarmente e stabiliti nel territorio dalla Provincia. Ci vogliono 10-15 uscite con orari prestabiliti e comunicati al Presidente della riserva per avere la fortuna dell’incontro con un cinghiale. C’è poi l’obbligo per noi di prelevare ogni cinghiale che arriva in questi punti”. 

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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