Il proverbio inglese ”Il tempo è moneta” vale anche nel nostro diritto

Il decorso del tempo, nel nostro ordinamento giuridico, può fare perdere diritti (prescrizione). In altri casi, invece, il tempo è un alleato importante (usucapione). Le conclusioni sono le medesime: il tempo nel nostro diritto è moneta.

La Cassazione Civile, Sezione II, con la sentenza 23.01.2023, n. 1902, è intervenuta nuovamente sulla prescrizione presuntiva per un credito di un professionista. Lo spunto che genera questa decisione va al di là del caso specifico, perché suscita un’importante riflessione sulla necessità di considerare il decorso del tempo come causa di vantaggi e di svantaggi per chiunque. Bisogna, quindi, stare attenti che “Il tempo è moneta”, come dicono gli inglesi, e non solo.

Iniziamo con alcuni spunti proprio sulla prescrizione, su cui interviene la Suprema Corte nella sentenza menzionata.

Vi sono due tipi di prescrizione, una estintiva che estingue l’obbligazione per l’inerzia del creditore, l’altra presuntiva che si fonda su una presunzione di adempimento dell’obbligazione. Il decorso del tempo è importante, pertanto, in sede di adempimento, perché può far perdere il diritto al creditore di pretendere il pagamento di quanto dovutogli. Infatti, se il creditore è stato “silenzioso” e non ha richiesto l’adempimento in un lasso di tempo che la legge prevede, si può verificare addirittura l’estinzione dell’obbligazione per intervenuta prescrizione.

In via ordinaria la prescrizione estintiva opera decorsi 10 anni da quando l’obbligazione doveva essere adempiuta, ma il Codice Civile prevede per alcuni tipi di obbligazione, prescrizioni cosiddette brevi, cioè in base alle quali è sufficiente un tempo più breve per intervenire l’estinzione.

Nel caso, invece, in cui il Codice Civile prevede la prescrizione presuntiva, il tempo decorso non estingue l’obbligazione, ma ha la funzione di operare una presunzione di adempimento.

La Suprema Corte, nella recentissima sentenza oggi segnalata, ha affermato il principio secondo il quale colui che eccepisce la prescrizione presuntiva triennale (nel caso di specie, riferita al diritto dei professionisti per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative) non ha l’onere di dimostrare l’avvenuto pagamento del credito. Piuttosto, ai sensi dell’art. 2959 c.c., il cliente non deve ammettere in giudizio che l’obbligazione non si è estinta, altrimenti l’eccezione di prescrizione presuntiva dovrà essere disattesa.

Il debitore è tenuto soltanto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, mentre il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito. Tale ultima prova può essere fornita solo deferendo il giuramento decisorio o avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dal debitore, che l’obbligazione non è stata estinta. È evidente che tale prova diventa più complicata. E tanto perché la prescrizione presuntiva è fondata sulla presunzione di adempimento dell’obbligazione.

Inoltre, la mancata contestazione dell’inadempimento del debito non costituisce ammissione indiretta o implicita della mancata estinzione dell’obbligazione, ostativa all’accoglimento dell’eccezione di prescrizione presuntiva, atteso che l’ammissione di cui all’art. 2959 c.c. non può risiedere nella nuda non contestazione.

Ma il decorso del tempo non provoca solo svantaggi. Ad esempio, con l’usucapione il tempo è alleato, perché ha l’effetto, unitamente ad altre condizioni, di fare acquistare la proprietà al possessore di un bene. Per concludere: attenzione al tempo, perché, anche nel nostro diritto, è moneta.

Autore: Luigi Aloisio – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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