I salvadanai si rompono sotto il peso dell’inflazione e scendono sotto quota 2.000 miliardi dopo quasi 3 anni. Aziende e famiglie accusano il colpo e cominciano a intaccare i loro risparmi per far fronte all’aumento dei prezzi: le “riserve” degli italiani sono diminuite, in appena 6 mesi, di oltre 71 miliardi di euro. La discesa è del 3,4% in meno di 200 giorni, dai 2.065 miliardi di dicembre 2022 ai 1.994 miliardi di giugno scorso.
Dai conti correnti sono “spariti” 121 miliardi, ma una parte di questi, circa 50 miliardi, è stata “spostata” su depositi e pronti contro termine, cioè forme di accumulo per le quali viene riconosciuta, dalle banche, una remunerazione: una forma di riparo dagli effetti negativi dell’inflazione, quell’aumento dei prezzi che si è trasformato in una tassa occulta sulla liquidità ferma a interessi zero.
È quanto emerge da un rapporto del Centro studi di Unimpresa secondo il quale la riduzione del saldo dei salvadanai è ancora più vistosa se si prende in considerazione l’intervallo di tempo che va da dicembre 2021 sempre fino a giugno 2023: meno 82 miliardi.
A soffrire l’incremento del costo della vita e dei prezzi delle materie prime sono tanto le imprese quanto i cittadini: se le prime hanno prelevato dai loro conti correnti 25 miliardi nel trimestre scorso, i secondi hanno attinto ai loro depositi bancari per 50 miliardi. Il saldo è negativo per quasi tutte le categorie di clientela delle banche, con l’eccezione dei fondi d’investimento, la cui liquidità è cresciuta di 8 miliardi e delle Onlus (più 726 milioni).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
Autore: Sistema Ratio Centro Studi Castelli