La buona vita

La buona vita
La buona vita

Il ruolo del capitale umano, culturale e sociale nella suddivisione della ricchezza.

Ogni anno esce puntualmente, in occasione del Forum Economico Mondiale di Davos, il rapporto Oxfam sulle disuguaglianze, per ricordare a quei partecipanti alcuni effetti delle loro discussioni e determinazioni.

A scorrere i dati viene la pelle d’oca: a caldo stupisce che eventi tremendi come la pandemia e la guerra siano stati, alla fine, produttori di una forte accelerazione delle disuguaglianze. Conosco abbastanza la realtà per non stupirmi del divario tra ricchi e poveri, monito che la storia ci ha consegnato e che i teorici hanno giustificato con lo sviluppo e la necessità di un certo grado di competizione tra gli uomini. Il rapporto, però, parla ormai di differenze insormontabili e fuori controllo, che superano ogni immaginazione e che possono costituire una seria minaccia proprio per quell’1% che detiene il 45,6% della ricchezza netta globale.

Che questi fossero ultraricchi già lo sapevamo, ma risulta che nel biennio pandemico 2020-2021 questo fortunato e abile 1% abbia incrementato il valore dei propri patrimoni di 26.000 miliardi di dollari, accaparrandosi il 63% dell’incremento complessivo della ricchezza netta globale, quasi il doppio della quota (37%) andata al rimanente 99%.

Insomma, già la situazione era clamorosamente squilibrata, ma sembra che non ci sia alcun freno all’incremento di un divario che vede come conseguenza una persona su 10 soffrire la fame (il rapporto stima tra i 700 e gli 800 milioni di persone nel 2021). Per la prima volta in 25 anni aumentano, simultaneamente, estrema ricchezza ed estrema povertà.

Che gli eventi recenti di crisi abbiano contribuito alla dinamica, sembra non vi sia dubbio. La Confederazione di ONG di 18 Paesi ha posto attenzione su 95 colossi dell’energia e dell’alimentare che, nel 2022, hanno aumentato i loro profitti del 256% rispetto alla media del 2018-2021: in termini assoluti, gli extraprofitti ammontano a 306 miliardi di dollari.

A peggiorare la situazione è intervenuta in quest’ultimo anno anche l’inflazione. L’analisi Oxfam sui dati delle retribuzioni in 96 Paesi indica, per il 2022, che 1,7 miliardi di lavoratori hanno visto crescere l’inflazione più dei propri salari.

Da qualche tempo è in corso, tra filosofi, sociologi ed economisti, il dibattito sul concetto di “vita buona”. Termine che può apparire molto relativo: ogni persona potrebbe avere una propria e legittima idea di cosa possa rappresentare tale concetto. Molti attori sono all’opera per indicare la strada verso la vita buona: indicazioni di consumo o del suo rifiuto, argomenti vari sul benessere, scelte tra un’auto veloce oppure una bicicletta con cui faticare.

Il filosofo e sociologo Hartmut Rosa indica almeno 5 ambiti all’interno dei quali comporre la propria personale idea di vita buona: l’ambito economico, poiché qualche risorsa bisogna averla: culturale, per avere una bussola etica; sociale, per la ricchezza di relazioni; fisica, che implica una buona salute; ambiente non degradato e privo di rischi.

Sono 5 tipologie di capitali non riconducibili solamente a quello economico-finanziario, ma che richiamano maggiormente la ricchezza del capitale umano, culturale e ambientale; in altri termini, la ricchezza di relazioni autentiche che non possono essere acquistate con il denaro.

Resta difficile fare questi discorsi a chi, quotidianamente, si arrabatta per il pranzo e la cena, poiché molto dipende da mani altrui, dal sistema, dalla globalizzazione, ecc.

Aggiungiamo allora un sesto ambito che tocca personalmente noi tutti: il senso civico. Merce sempre più rara, purtroppo…

Autore: Anselmo Castelli – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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