La fattispecie dell’abuso di dipendenza economica si applica, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, a tutti i tipi di rapporti contrattuali.
Di recente, i Tribunali italiani si sono spesso occupati della tematica dell’abuso di dipendenza economica in relazione ai social network. A tal proposito, appare di interesse una pronuncia del Tribunale di Milano (n. 10410/2021) che ha condannato Facebook Ireland Limited (società di diritto irlandese) a risarcire il danno per abuso di dipendenza economica nei confronti di una società italiana. In particolare, l’impresa italiana effettuava servizi di social customer care somministrando un apposito software a società pubbliche e private per monitorare e gestire le pagine social dei clienti.
La società danneggiata, dunque, asseriva che “tale attività negli ultimi anni, dato il predominio del social network Facebook su tutti gli altri, ha avuto come base necessaria la piattaforma appunto di Facebook, in particolare attraverso l’utilizzo di un’apposita app”. Tuttavia nel corso del 2018 Facebook, successivamente al clamore mediatico derivante dallo scandalo “Cambridge Analytica”, ha sospeso le app e i relativi account riferibili alla società attrice, a causa di presunte violazioni di dati personali.
A seguito di tale circostanza, pertanto, la società italiana ha promosso azione dinanzi al Tribunale di Milano nei confronti di Facebook Ireland Limited e di Facebook Inc., al fine di vedersi riconosciuta la condanna al risarcimento dei danni derivanti da abuso di dipendenza economica o, in via subordinata, della disciplina sull’attività di direzione e coordinamento e sulla privacy.
Ebbene, i giudici di merito hanno accolto la tesi dell’attrice circa la sussistenza dell’abuso di dipendenza economica. Il Tribunale di Milano, infatti, ha ritenuto abusiva e rientrante a pieno titolo nella disciplina dell’abuso di dipendenza economica la condotta assunta da Facebook circa la disattivazione delle app dell’attrice, in quanto: si tratta di un caso in cui la società cliente non può trovare sul mercato alternativeapprezzabili e comparabili a Facebook; i presupposti su cui si è fondata la decisione di sospendere l’utilizzo dell’app e le relative modalità di esecuzione apparivano del tutto illegittimi, in quanto tale scelta si è basata su informazioni generiche riferibili a una società terza e non all’azienda attrice, mentre non risulta alcuna analisi in merito al contenuto dell’app dell’attrice per comprendere se potesse sussistere un rischio specifico concernente i dati sensibili.
Per di più, Facebook non ha dato alcun preavviso all’attrice né si è limitata alla sospensione dell’utilizzo dell’app, provvedendo anche a cancellare i dati concernenti i clienti dell’impresa.
Per i giudici di prime cure, poi, per la sussistenza o meno della condotta di abuso di dipendenza economica non è necessario che l’azienda convenuta possegga una
posizione dominante sul mercato: ciò che rileva è unicamente la posizione di predominio nei confronti nel singolo rapporto contrattuale oggetto del giudizio. La condotta di Facebook, in sostanza, è stata ritenuta illegittima in quanto le clausole contrattuali permettevano alla piattaforma un’autotutela pressoché illimitata, così “l’utilizzatore è alla mercé del gestore”.
Infine, per i giudici di merito a nulla rileva che l’utilizzo di Facebook da parte dell’attrice fosse a titolo gratuito: secondo la pronuncia, infatti, ciò è irrilevante poichè si era ugualmente in presenza di uno status di dipendenza economica tra le parti.
Autore: Gianluigi Fino – Sistema Ratio Centro Studi Castelli