Lo stress lavoro-correlato

Il datore, quale soggetto responsabile della tutela e della salute e della sicurezza dei propri dipendenti ex art. 2087 c.c., potrebbe essere chiamata a rispondere delle pretese risarcitorie dei lavoratori esposti.

Da ormai diversi anni si registra una crescente attenzione al tema dello stress lavorativo , il quale costituisce un fattore con cui tutti gli operatori del settore devono necessariamente confrontarsi, sotto almeno 2 differenti punti di vista.

In primis, infatti, lo stress lavoro-correlato può avere effetti pregiudizievoli sul piano psicofisico per il lavoratore che ne rimane esposto. In quest’ottica, lo stress lavorativo ha riflessi negativi sia per il lavoratore, nella misura in cui produce una menomazione della relativa integrità psicofisica con esiti spesso nemmeno meramente temporanei, che per l’impresa che, quale soggetto responsabile della tutela e della salute e della sicurezza dei propri dipendenti ex art. 2087 c.c., potrebbe essere chiamata a rispondere delle pretese risarcitorie dei lavoratori esposti.

In 2° luogo – e si tratta forse dell’aspetto meno considerato e, per certi aspetti, più cinico – lo stress lavoro-correlato al quale sono esposti i dipendenti non può non avere una concreta incidenza sulla produttività dell’impresa.

Anche laddove non sfoci in derive patologiche (foriere, come accennato, di danni e conseguenti risarcimenti), infatti, la pressione avvertita dal lavoratore è comunque certamente idonea ad interferire sulla sua produttività ed efficienza.

I fattori che sono in grado di generare lo stress lavorativo sono molteplici e possono essere ricondotti a 4 categorie:

fattori produttivi legati all’organizzazione del lavoro e dei suoi processi (come, ad esempio, ritmi e carichi di lavoro, grado di autonomia, ecc..);

l fattori legati a condizioni lavorative ed ambientali (come, ad esempio, l’esposizione a rumore, calore, sostanze pericolose, ecc.. ma anche le relazioni interpersonali all’interno dell’ambiente lavorativo, che possono sfociare anche in comportamenti non corretti ovvero in condotte vessatorie);

l fattori legati alla comunicazione (come, ad esempio, l’incertezza sul futuro lavorativo, i cambiamenti in corso ovvero futuri, ecc.);

fattori soggettivi (come, ad esempio, la percezione di mancanza di sostegno, il senso di inadeguatezza, ecc.).

L’eterogeneità di tali fattori permette di ricondurre entro l’alveo dello stress lavoro-correlato sia le discordanze tra l’individuo e la dimensione lavorativa (ad esempio, nel caso dell’eccessivo carico di lavoro, oppure di ritmi eccessivamente sostenuti), sia le ipotesi di conflitto a livello interpersonale (tra cui alcuni dei trend topic degli ultimi anni come il mobbing o lo straining, ma anche vicende di autonomo rilievo penale come il work stalking, la violenza, le molestie, ecc.).

Si consideri, peraltro, che lo stress lavoro-correlato è annoverato tra i fattori che devono formare oggetto della valutazione dei rischi ai sensi del D.L. 81/2008, come espressamente previsto dal relativo art. 28, c. 1. Anzi, ai sensi del comma 1 bis (inserito dal D. Lgs. 106/2009) è altresì previsto che la relativa valutazione venga effettuata sulla base delle indicazioni della Commissione Consultiva Permanente e di conseguenza che debba rilevare in via preliminare una serie di indicatori oggettivi e verificabili quali, ad esempio, i c.d. eventi sentinella (indici infortunistici, assenze per malattia, turnover, procedimenti e sanzioni; segnalazioni al medico competente; specifiche e frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori, ecc.).

Tra le discordanze tra l’individuo e la dimensione lavorativa, merita particolare attenzione l’ipotesi del superlavoro, sulla quale la giurisprudenza s’è dimostrata maggiormente attenta. Il superlavoro è generalmente definito come lo svolgimento di un’attività eccedente la ragionevole tollerabilità.

Di conseguenza, nell’ambito dell’azione risarcitoria ex art. 2087 c.c., ai fini del risarcimento dei conseguenti danni, il lavoratore è tenuto ad allegare compiutamente lo svolgimento della prestazione secondo le predette modalità nocive e a provare il nesso causale tra il lavoro svolto e il danno. Ai sensi dell’art. 2697 c.c., invece, grava sul datore di lavoro, in ragione del suo dovere di assicurare che l’attività lavorativa non risulti pregiudizievole per l’integrità fisica e la personalità morale del dipendente, dimostrare che la prestazione si è svolta secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, con modalità normali, congrue e tollerabili.

Ciò posto, il danno da stress, quale danno da usura psicofisica, si inscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da inadempimento contrattuale e il suo risarcimento presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto sofferto dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava l’onere della relativa allegazione e prova, anche attraverso presunzioni semplici. Il ricorso alla prova presuntiva, tuttavia, esige una pluralità di elementi, caratterizzati dai requisiti della gravità, precisione e concordanza, che, unitariamente valutati, consentano di risalire dal fatto noto a quello ignoto. Non è sufficiente fare leva solo sulla condotta inadempiente, occorrendo invece che la parte onerata della prova fornisca elementi ulteriori che, sia pure attraverso il ragionamento presuntivo, siano idonei a dimostrare il pregiudizio risarcibile.

Diversamente opinando, infatti, si finirebbe per ritenere il danno in re ipsa, smentendo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali hanno, invece, osservato che il risarcimento ha la finalità di ristorare la perdita sofferta dal danneggiato e che l’attribuzione di una somma di denaro in considerazione del solo inadempimento “ finirebbe con il configurarsi come somma-castigo, come una sanzione civile punitiva, inflitta sulla base del solo inadempimento, ma questo istituto non ha vigenza nel nostro ordinamento”.

Alla luce di quanto sopra, lo stress lavoro-correlato, pur essendo un argomento che tiene banco sempre più spesso nei consessi in cui si discute di salute e sicurezza sul lavoro, continua ad avere poco spazio in termini di tutela giurisdizionale. Questo, ovviamente, non deve portare l’imprenditore a sottovalutare la problematica che, come si accennava in premessa, ha risvolti non solo sotto il profilo risarcitorio, ma anche in termini di produttività ed efficienza dei propri collabortatori.

Autore: Andrea Sterli, Mario Berruti – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

Total
0
Shares
Articoli correlati