Traggo spunto da una riflessione di Federico Fubini (Corriere della Sera) che, commentando il giudizio positivo delle agenzie di rating sul nostro Paese, rileva che esso appare condizionato al pieno dispiegamento dei fondi del PNRR.
L’articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera muove, questo è il suo pensiero, da una possibile “opacità” della gestione dei fondi del PNRR . Cita, al riguardo, quanto a una possibile revisione del Piano, la lettura del professor Carlo Altomonte (Bocconi), uno dei massimi esperti in materia, evidenziando che “la logica di semplificazione e razionalizzazione è evidente”, precisando, però, “che i documenti sulla rimodulazione di decine di miliardi di fondi che sono stati mandati a Bruxelles … omissis … non sono mai stati resi pubblici in Italia. Non sono disponibili”.
Ebbene, senza entrare nel merito della questione (il tempo, come sempre, sarà buon giudice), sono comunque di sicuro interesse alcuni punti che emergono dalla sua analisi. Si tratta di riflettere su temi che investono responsabilità presenti e passate, poiché rappresenterebbe una mistificazione della realtà fattuale imputare a senso unico le colpe che, a ben vedere, hanno radici profondamente radicate nel tempo, indipendentemente dalle maggioranze politiche tempo per tempo succedutesi. In particolare, è prioritario e risolutivo, per un impiego razionale e finalmente virtuoso delle risorse del PNRR, che chi ha il compito, difficilissimo, di impiegarle al meglio faccia propria quella missione che larghissima parte del Paese avverte come non più procrastinabile, ossia tenere conto delle mutazioni e delle rinnovate esigenze sociali. A partire, come osserva Fubini, da una diversa e più consapevole attenzione, che non resti una mera dichiarazione d’intenti, verso quei settori che, nella storia recente e non solo, ci hanno visto gravemente deficitari.
Balza in evidenza, esemplificando, la sanità, che richiederebbe la creazione delle cosiddette “Case di comunità” territoriali, rimodulando la funzione dei medici di base convenzionati mediante l’abbandono del modello di appena 18 ore obbligatorie di presenza in ambulatorio, senza controllo alcuno sul tempo rimanente. Altri settori che necessitano di una profonda rivisitazione sono rappresentati dalla giustizia e dalla scuola: nel primo caso, risulta indifferibile la formazione manageriale dei presidenti dei tribunali, con particolare attenzione all’indipendenza dei magistrati; nel secondo caso, serve una selezione rigorosa, basata sul merito, della classe insegnante.
Altro settore che, finora, ha rappresentato un freno enorme alla crescita e allo sviluppo delle infrastrutture, e non solo, è quello degli appalti, con gli enti locali di dimensioni minimali che, troppo spesso, si trovano a gestire procedure per le quali mancano risorse e difettano specifiche competenze. Anche in questo ambito, l’investimento nella formazione è fondamentale per porre fine a inefficienze, ritardi e conseguente dilatazione dei costi e dei tempi.
Infine, e non certo per ordine di importanza, occorre una seria revisione del funzionamento e dell’impiego della spesa pubblica: non può esserci crescita senza sostenibilità di lungo periodo. In tale contesto, la leva di primaria importanza è il recupero dell’evasione fiscale, senza che questo si traduca in un ulteriore aggravio degli adempimenti o del peso del prelievo sui contribuenti virtuosi; serve, invece, una politica di contrasto che colpisca quelle vaste aree di sommerso che, pur essendo note, troppo spesso riescono a superare le maglie dei controlli.
Controlli che, paradossalmente, sono implacabili verso chi è “visibile” e del tutto o scarsamente efficaci nei confronti di coloro che, totalmente sconosciuti al Fisco e non raramente coperti dalla criminalità organizzata, riescono a sottrarsi fraudolentemente a un dovere civico, prima ancora che etico.
Una strada complessa, irta di ostacoli, ma che non tollera più né ritardi né incertezze. Ne va della credibilità del Paese e, soprattutto, del futuro delle prossime generazioni.
Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Alessandro Pratesi – Sistema Ratio Centro Studi Castelli