La non ovvietà della gentilezza

Spesso i partecipanti ai miei corsi di negoziazione e vendita mi chiedono se c’è qualche predisposizione innata. La “predisposizione” esiste solo per i fenomeni: Mozart, Leonardo, Dante, Maradona, Federer, Tiger Woods. Lavorando sodo e con il giusto metodo si possono ottenere buoni e anche ottimi risultati. E se poi hai anche il “dono” diventi un fenomeno come quelli che ho citato.

Ma tutto nasce dal lavoro, dall’impegno, dalla perseveranza, dal giusto metodo. Viceversa, potrebbe esserci la “predisposizione” a non fare il commerciale: se a uno non piace incontrare persone o creare relazioni, probabilmente non è adatto a fare il commerciale.

Aggiungerei un’altra dote, anche se sono un po’ in imbarazzo a parlarne: la buona educazione e la gentilezza.

Chi si pone direttamente nei confronti di un cliente (mi verrebbe da dire con chiunque) deve assolutamente avere ormai consolidato il concetto di “essere gentile”. Ora tutti voi penserete che io stia scrivendo una serie di ovvietà, per non dire di banalità. Bene: non vi sto dando la mia personalissima opinione, ma vi do la prova certa, matematica di ciò che affermo.

Provate a rivolgere la seguente domanda a 100 persone che hanno un lavoro rivolto al pubblico, quindi venditori, professionisti, tecnici preposti all’assistenza, commessi di negozio, ecc.: “Tu sei educato e gentile con i tuoi clienti?” Nessuno ti dirà che non lo è. Il 95% ti dirà: “Sì, certo”. Il 5% ti dirà “Sì, ma poi dipende se lo è anche il cliente”.

Ora provate a chiedere a 100 clienti (o pensate alle vostre esperienze da clienti): “Il professionista, commesso, ecc. è stato educato e gentile con te?”

Noterete come cambiano le risposte: il “Sì, certo, è stato molto gentile” si riduce a meno della metà. La restante parte delle risposte si dividono tra freddo, sbrigativo, scostante, maleducato.

Questo dato statistico/matematico genera di conseguenza una logica deduzione: 100 sono convinti di essere educati e gentili, ma 50 di loro si sbagliano. In buona fede, senza rendersene conto, ma si sbagliano. Non hanno la consapevolezza di quello che può percepire il cliente, non si rendono conto delle loro parole, del tono della loro voce, della loro gestualità.

Pensate solo al nostro volto e alle nostre espressioni: noi non le abbiamo mai viste, mentre i nostri clienti le vedono sempre. E un’espressione poco cordiale, può modificare in negativo anche una frase corretta.

Cosa possiamo fare? Ecco alcuni suggerimenti semplici e pratici.

1. Chiedete alle persone che vi conoscono molto bene (familiari, amici, colleghi) se a volte il vostro tono o le nostre espressioni sono poco gentili. E credete a quello che vi dicono.
2. Registrate la vostra voce (mentre siete al telefono, per esempio) e riascoltatela, ponendo attenzione soprattutto al tono usato.
3. Cercate di mettervi nei panni del cliente, osservate le sue reazioni alle vostre parole.
4. Nel primo approccio, grande attenzione alla regola del “3S”: sguardo, sorriso, saluto caldo e cordiale. Devono esserci tutte e 3 contemporaneamente.
5. Guardate sempre le persone negli occhi, per tutto il colloquio, senza perdere di vista le espressioni del loro volto.
6. Se ci sono contrasti, evitate parole estremamente negative (No; Non si può; Impossibile) e all’occorrenza usate “Mi spiace” o “Mi scusi”.
7. Al commiato, sempre le “3S”: sguardo, sorriso, saluto, sempre contemporaneamente.

Costo della gentilezza? Zero euro. Prima di investire tempo e denaro per avere più clienti, investite questi zero euro. Per cortesia, ovviamente.

Quando si parla di vendita, trattativa, negoziazione, si elaborano tecniche, strategie, metodi. Ma a volte si trascura l’A-B-C, ossia la buona educazione. Senza le fondamenta, la casa crolla.

Autore: Eros Tugnoli

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