Invece di cadere nella trappola dell’orgoglio e dell’autoreferenzialità, si tratta di percorrere nuove strade che portino davvero a un prodotto/servizio di eccellenza.
Quando si consegna un lavoro a un cliente, la speranza è che il ricevente dica “è molto meglio di quanto mi aspettassi”. È un attestato di stima gratificante; la testimonianza che si sono superate le sue aspettative. Bene, professionisti e imprenditori di successo hanno proprio questo in comune: si sforzano continuamente di surclassare il resto del mercato. Questo è il presupposto per fidelizzare i clienti e ricevere referenze senza doverle richiedere, grazie a una reputazione invidiabile.
La ragione per cui in tanti non riescono a raggiungere quest’obiettivo è rappresentata da 2 malintesi.
1) Quasi tutti gli imprenditori pensano di aver già superato le aspettative dei loro clienti.
Tutti lavorano duramente e appassionatamente per i loro clienti. La questione è che in troppi danno per scontato che il loro duro lavoro si trasformerà automaticamente in una prestazione eccellente. Non sempre è così. In veste di clienti, abbiamo sperimentato più volte come l’alacrità profusa da un nostro fornitore ci è parsa addirittura un dispendio inutile di energia. Bene, allora… come si fa a conoscere l’opinione che il cliente ha di noi? Semplice. È sufficiente controllare il numero di referenze che ci presenta attivamente.
La gente raccomanda in modo proattivo i prodotti e i servizi che ha gradito, perché desidera che le persone cui tiene ne vengano a conoscenza e possano trarne vantaggio. La fedeltà non è tuttavia sempre sinonimo di qualità. Il fatto che alcuni rimangano col proprio fornitore per anni può essere motivato dal timore di cambiare. Questa circostanza fa sì che il fornitore ritenga erroneamente che questa lealtà sia un riflesso di un servizio davvero straordinario, ma è una mera illusione.
Se un’azienda non riceve un flusso regolare di referenze, è verosimile che offra una prestazione ordinaria. Questo deve essere un campanello d’allarme che impone di mettere le cose a posto, cioè passare da essere normale a essere considerato eccezionale.
2) Soddisfare le aspettative è relativamente semplice, superarle è una prerogativa di pochi.
Anche se un imprenditore decide di non volere deliziare i clienti, dovrebbe essere orientato a capire cosa fare per migliorare. Ogni mercato è saturo di fornitori simili tra loro e questa mediocrità non stimola a migliorare la propria performance. In poche parole, ci si adagia. Un buon metodo per migliorare la propria prestazione, è ignorare temporaneamente i propri concorrenti e guardare al di fuori del proprio settore, per trovare ispirazione.
Fare benchmark prevede, infatti, compararsi anche con i leader di altri mercati; confrontiamo:
• il servizio pre-vendita con quello di Zalando;
• la qualità del prodotto con quelli di AEG;
• il livello del design con i prodotti Apple;
• la distribuzione con quella di Amazon.
Cerchiamo poi di emulare questo livello di qualità, replicando quanto abbiamo appreso da questi esempi di eccellenza. Copiare da uno bravo non è disdicevole: è semplicemente un modo collaudato per migliorare radicalmente la propria offerta.
Tra le due sfide sopra citate, la più difficile è la prima, perché è frequente cadere vittime di orgoglio e presunzione. Molti imprenditori che ottengono poche referenze, faticano ad ammettere la proprie responsabilità. A loro dire, la colpa è dei clienti che si aspettano troppo, sono ingrati e poco disponibili a presentare conoscenti. L’amara realtà è che si rifiutano di riconoscere il loro scarso impegno.
La seconda questione è un po’ meno complicata. Bisogna uscire dal sentiero battuto e percorrere nuove strade. È una strategia in apparenza più rischiosa rispetto a tenere sempre la stessa rotta. Come sostiene ogni imprenditore avveduto, tuttavia, il vero rischio è omologarsi ai propri concorrenti e condannarsi a un inesorabile declino.
Autore: Stefano Donati