A fronte dell’ondata di rincari, l’ordinamento non prevede l’istituto della rinegoziazione, dal momento che è impossibile modificare un contratto già sottoscritto stipulandone uno diverso: è possibile risolvere il contratto, oppure sospenderlo a fronte di un soggetto che non è più in grado di eseguirlo.
La Cassazione, nella Relazione 8.07.2020, n. 56, ha spiegato che “la parte danneggiata, cioè la parte vulnerata dalle sopravvenienze, può chiedere la rinegoziazione e può farlo invocando i principi di equità, buona fede e solidarietà”.
Nell’ambito di appalti, il Tar Lombardia (sentenza 239/2020) ha stabilito che non è giuridicamente ipotizzabile né ammissibile l’istanza di revisione dei prezzi offerti in gara ex art. 106, c. 1, lett. c), D. Lgs. 50/2016, formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipula del contratto, in quanto tale tipologia di revisione per sua natura presuppone l’esistenza di un contratto già in corso.
La richiesta formulata dall’aggiudicataria riguardava l’adeguamento del prezzo dell’appalto ad asseriti aumenti dei costi del servizio, riconducibile alla lett. a) del medesimo art. 106, c. 1. In questo senso, l’istanza proposta non poteva essere accettata poiché formulata a causa di un evento imprevisto e imprevedibile verificatosi in un momento in cui non era in essere alcun rapporto contrattuale. Invece l’impresa avrebbe potuto validamente tutelarsi dal pregiudizio economico lamentato rifiutando (una volta cessata la vincolatività della propria offerta) la sottoscrizione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, anziché pretendere una revisione del prezzo espressamente esclusa anche dagli atti di gara.
Autore: Sistema Ratio Centro Studi Castelli