Sempre più consulenza del lavoro tra i giovani

Eurostat, quasi un italiano su 10 lavora almeno 49 ore a settimana

Sono ottimi i dati registrati sull’accesso alla professione di consulente del lavoro.

Immatricolazioni, dati sull’occupabilità e trend di iscrizioni convergono insieme nel proiettare la professione di consulente del lavoro tra quelle maggiormente ambite, fruttuose e in via di sviluppo per i giovani italiani. A livello nazionale, così come indicato nel documento “ Giovani e professione, evoluzione e prospettive del consulente del lavoro” a cura del CNO, della Fondazione Studi e dell’Ente Nazionale Previdenza e Assistenza, negli ultimi anni si è registrato un incremento significativo delle nuove iscrizioni, in particolare giovanili (+57,7% tra 2017 e 2021), peraltro con una spiccata presenza femminile.

D’altra parte, anche a livello scolastico i dati appaiono promettenti. Per un riscontro empirico a livello territoriale, si valuti, ad esempio, il corso di laurea triennale in “Consulente del Lavoro e giurista di impresa” istituito all’Università di Brescia, che sta dando ottimi riscontri in termini di iscrizioni e opportunità.

Nell’A.A. 2022/2023 si è registrato un incremento dell’8,23% delle immatricolazioni e un incremento del 2,2% del numero di iscritti totale; parallelamente, come da rilevazioni del consorzio Almalaurea di aprile 2023, il corso, indubbiamente molto specifico, ha riportato un (ottimo) tasso di occupabilità del 47,8% a un anno dalla laurea, considerando peraltro che molti degli studenti proseguono con gli studi post triennio (in una percentuale sopra al 43%).

In questo senso, l’Università di Padova, dove è istituito il “Corso di Laurea in Consulente del Lavoro”, ricorda come i dati del Consorzio Almalaurea dimostrano che, a un anno dal conseguimento della laurea, il 70% dei laureati a questo corso ha trovato occupazione o svolge un tirocinio professionale. Ed ancora, per un ulteriore riscontro, i dati Almalaurea ad aprile 2023 evidenziano, riguardo al corso “Consulente del lavoro e operatore di impresa” istituito all’Università di Bari, che gli iscritti ripeterebbero la stessa scelta formativa in una percentuale superiore al 72%.

Rispetto ai percorsi di accesso alla professione, in base a una survey effettuata tra i giovani professionisti, si è segnalata invero “l’esigenza di una maggiore specializzazione dei corsi universitari, in modo da renderli più aderenti alla professione”. A tal fine, risulta opportuno allora prendere spunto dalle esperienze virtuose in essere, come quella vista dell’Università di Brescia, la cui metodologia didattica insiste da tempo sull’importanza della didattica esperienziale. La metodologia didattica utilizzata è, nello specifico, adottata fin dai Pcto siglati con le scuole del territorio e prosegue tramite corsi fortemente caratterizzanti in ambito lavoristico, come quello della “Clinica del Lavoro”, che dal 2014 opera nella cornice di una convenzione con il CNO, il Cpo di Brescia e l’ANCL up di Brescia.

Com’è noto, uno dei tasselli più importanti del percorso di crescita e formazione dei giovani è rappresentato dalle competenze acquisite durante i momenti esperienziali (lo dimostra l’attuale obbligatorietà dei Pcto), che favoriscono un apprendimento interattivo e meno didascalico, se impostate coerentemente e se legate a doppio filo con l’ambito di studio.

Se si considera che per sostenere l’esame di abilitazione alla professione di consulente del lavoro è necessario un obbligatorio, ma soprattutto preparatorio, periodo di pratica professionale (cd. praticantato), peraltro valutato positivamente (48,2%), o molto positivamente (42,1%) dai giovani consulenti del lavoro intervistati nel report sopra richiamato, la strada adottata da quelle istituzioni scolastiche che insistono e credono nella formazione esperienziale appare corretta e in particolar modo proficua.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
Autore: Marco Tuscano – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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