Servizi in abbonamento mai richiesti, come disattivarli e chiedere il rimborso

Può accadere di ricevere per errore da un presunto fornitore la fattura per servizi o abbonamenti vari mai effettivamente richiesti. Il supposto acquirente, che ipotizziamo essere una privato consumatore, ricevente la fattura e l’eventuale addebito, che evidentemente è il fornitore, devono porre rimedio a tale evento.

La normativa

Non di rado capita di essere vittima di pratiche commerciali scorrette, consistenti nella fornitura di beni e servizi non richiesti. In virtù di quanto previsto dal Codice del Consumo disciplinato dal D.Lgs. 6.09.2005 n. 206, l’attivazione di servizi non richiesti viola l’art. 2, che impone nell’esercizio di pratiche commerciali un’adeguata informazione e una corretta pubblicità, l’osservanza dei principi di buona fede, correttezza e lealtà, nonché la correttezza, la trasparenza e l’equità nei rapporti contrattuali.

La normativa vieta quindi l’esecuzione di forniture, con contestuale richiesta di pagamento, senza che vi sia stato un preventivo ordine da parte del consumatore.
La finalità è quella di evitare che il consumatore sia indotto a pagare servizi o beni non desiderati nella convinzione di essere costretto, tutelandolo dal rischio di essere esposto a pressioni indesiderate.

E’ previsto anche che l’assenza di una risposta da parte del consumatore in seguito a fornitura non richiesta non costituisce consenso. L’art. 52 del medesimo Codice del Consumo prevede che “in tempo utile prima della conclusione di qualsiasi contratto a distanza, il consumatore deve ricevere una serie di informazioni” (identità del professionista, caratteristiche essenziali e prezzo del bene o del servizio, spese di consegna, modalità del pagamento, ecc.).

I possibili rimedi
Coloro che sono raggiunti da attivazione di servizi con contestuale addebito in fattura, possono contestualmente:

· richiedere la disattivazione del servizio tramite il Servizio Clienti;

· inviare al fornitore di tali servizi una lettera di reclamo, con allegata la fotocopia della carta d’identità e copia della fattura ricevuta, nella quale si contesta l’addebito e si chiede formalmente l’immediata disattivazione del servizio e l’emissione di nota di accredito ex art. 26, c. 3 D.P.R. 633/1972, al fine di procedere all’annullamento del documento fiscale indebitamente emesso.

Per avere valore legale, le intimazioni devono essere inviate per raccomandata a/r o tramite posta elettronica certificata (PEC). Si può utilizzare anche il fax, ma è sempre consigliabile far seguire una copia per raccomandata a/r o PEC.

In alcuni casi, purtroppo, se l’addebito da parte dell’asserito fornitore è già avvenuto, oltre alla disattivazione del servizio non richiesto occorrerà attivarsi per ottenere il rimborso da richiedere:

· contattando sempre il Servizio Clienti (avendo cura di conservare l’eventuale sms di attivazione e sms di disattivazione del servizio non voluto);

· trasmettendo entro 15 giorni dal momento dell’addebito la richiesta del rimborso per posta raccomandata o via PEC.

La segnalazione al Garante
Nei casi più gravi si può segnalare l’accaduto all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni; tuttavia, la denuncia non apre un contenzioso ed il consumatore non si troverà impegnato come parte in giudizio: l’Antitrust avvia un procedimento d’ufficio volto a verificare se vi è stata o meno l’attuazione di una pratica commerciale scorretta e, se ne ravvisa l’esistenza, agisce in perfetta autonomia. Con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’Autorità dispone l’applicazione di una sanzione amministrativa.
Se il reclamo al fornire dei servizi non richiesti non sortisce effetto pima di iniziare la causa civile, si possono attivare tentativi di conciliazione o reclami presso le competenti autorità garanti o organismi di mediazione.
Come ricorda il portale dei consumatori, tali tentativi non sono obbligatori ma può valer la pena se si vuol fare un ultimo tentativo di evitare una causa giudiziaria:

· conciliazione presso il Giudice di pace (non ci sono limiti di importo);

· conciliazione presso la Camera di commercio, per un tentativo di conciliazione nell’ambito di un rapporto contrattuale-commerciale;

· conciliazione presso l’Arbitro bancario finanziario in ambito bancario;

· conciliazione presso uno dei tanti organismi privati di mediazione registrati presso il Ministero della Giustizia.

Addebiti illegittimi delle compagnie telefoniche

Unicamente in materia di telecomunicazione (telefonia, Pay-tv, ecc.) è ancora obbligatorio esperire il tentativo di conciliazione davanti al CO.RE.COM. (Comitati Regionali per le Comunicazioni) della propria Regione.

Se si tratta di un addebito telefonico non richiesto e si raggiunge l’accordo con la compagnia telefonica che ha illegittimamente erogato il servizio, si redige un verbale che ha valore di contratto di transazione tra le parti.

In caso contrario se non c’è stato accordo, ovvero se non è stata fissata udienza di conciliazione, dopo 30 giorni dalla richiesta ci si può rivolgere al Giudice di Pace competente per territorio.

Si ricorda, infine, che AGCOM ha aggiornato le linee guida da seguire per la disabilitazione di servizi non richiesti addebitati dagli operatori telefonici e fornitori di servizi telematici ed Internet.

A beneficio degli utenti è disponibille il numero verde 800 44 22 99, attivo 24 ore su 24 che serve a verificare nell’immediatezza la presenza di servizi attivi sul proprio numero.

Per procedere alla disattivazione, occorrerà digitare il numero verde, la voce automatica verificherà che ci siano servizi a pagamento in corso e si potrà richiedere la disattivazione immediata e il rimborso all’operatore.

Autore: Attilio Romano – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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