Lo sentite il ronzio di un’ape nei paraggi? E quella paura del pungiglione che è l’incubo di ogni bambino che gioca all’aperto? “Mamma, aiuto, un’ape mi ha punto!”.
“Niente paura”: ad assicurarlo è l’arcadese Davide Feletti, lui che le api non le ha mai temute, nemmeno quando a dodici anni si è preso l’incarico di badare agli alveari che il nonno aveva lasciato in gestione al vicino come vuole la tradizione contadina.
Le api pungono, è vero, ma solo se disturbate. Per il resto del tempo sono docili e buone, basta saperle prendere. “Il periodo ideale è durante la sciamatura – garantisce Davide – quel particolare processo attraverso cui si riproducono le famiglie di api. Una sorta di esodo in cui la vecchia regina migra portandosi dietro una schiera di ‘suddite’, le quali, previdenti, hanno fatto scorta del miele necessario al lavoro di costruzione del nuovo alveare”.


Davanti a questa massa di api estremamente compatta l’apicoltore interviene provvedendo a fare entrare gli animali in un cassettino di polistirolo o in un’arnia in legno, che da quel momento in poi costituirà loro nuova dimora.
Così dai primi alveari del nonno Davide Feletti è riuscito a trasformare la sua passione in vero e proprio lavoro. Ormai sono ventisei anni che il ronzio delle api è diventato colonna sonora della sua vita: in questo tempo più di un migliaio gli sciami sono stati spostati da cassonetti delle tapparelle, camini e alberi.
Una passione, la sua, che trova riscontro persino nell’antichità. Forse non tutti sanno che nell’antica Roma le api godevano di alta considerazione. Ne fu un estimatore il poeta latino Viriglio, che nel quarto libro delle Georgiche scrisse un elogio particolarmente significativo esaltando la loro capacità di resistere all’Eros poiché non costrette a riprodursi sessualmente, ritenendole dotate di virtù quali la fedeltà alla domus, lo spirito di sacrificio e la devozione al sovrano, rappresentando un paradigma perfettamente armonico e ordinato di chi vive in una comunità.
Virgilio concluse che “sebbene le aspetti un breve termine di vita, giacché non vanno oltre la settima estate, la specie resta immortale, e per molti anni resiste la fortuna delle loro case, e si contano gli avi degli avi.”
A cura di: Sofia Sossai
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