Il messaggio forte e chiaro giunge direttamente dall’etimologia della parola eleganza, che deriva dal latino “elegans”, da eligere, scegliere, e composto di “ex”, fra, e “legere” scegliere.
Come a dire: lungi dall’essere un fattore scontato, intrinseco, naturale per qualcuno, acquisito sin dal suo apparire nel contesto delle vicende umane, l’eleganza è frutto di intelligenza, di scelta, di volontà, di decisione della mente e del cuore.
Secondo i dizionari più in voga, parliamo della qualità di una persona che possiede insieme grazia e semplicità, e rivela cura e buongusto senza scadere in un’eccessiva ricercatezza. Il termine può anche essere riferito a qualcosa che è semplice e apprezzato, o al comportamento di una persona, ma più frequentemente mette in rilievo il modo di vestirsi. Per altri testi, con il termine eleganza possiamo considerare la qualità o l’insieme di qualità di qualcuno o qualcosa che mostra al contempo bellezza, semplicità, gentilezza, buona educazione e buon gusto.
L’eleganza è un concetto comune nella moda, nell’arte e nella letteratura, ma anche in filosofia e nelle scienze. Elegante, quindi, vuol dire fine, di gusto e semplice, e come detto proviene da un preciso orientamento: lo scegliere, l’eleggere. Si traduce in un’azione puntuale, senza sbavature né incertezze, compiuta avendo maturato la propria idea di bello in libera autonomia.
E’ un’opzione personale che comprende connotati precisi di grazia posata, di semplicità pulita: l’elegante non è appariscente, dotato di effetti speciali, strepitoso, sopra le righe. Non si fa notare se non per il modo in cui si può cogliere in maniera eloquente l’armonia dell’insieme, con un senso di bel tratto, in perfetta consonanza con il contesto, l’abito, il portamento, il comportamento.
In quest’ottica, andare oggi alle radici di questa parola, e del suo significato, implica l’ammissione di quanto da più parti sia ritenuto un capitolo sempre più avvertito e richiesto in un mondo in cui l’eleganza sembra ormai parola rara, messa in ombra da convincimenti, stili e atteggiamenti di segno opposto. E questo avviene su due versanti: da un alto, per un eccesso di volgarità che si sposa con l’esibizione, il cattivo gusto, usi smodati e costantemente trasgressivi nelle pratiche della vita quotidiana, e dall’altro per una sorta di continua e fatale attrazione per la retorica e l’artificio, la verbosità e il difetto di sintesi.
Tutto il contrario, insomma, dell’eloquio e dello scritto elegante, perché semplice e chiaro. Ne patiamo le conseguenze in tanti casi, nelle situazioni e negli ambienti più disparati, in un Paese come il nostro, peraltro, da sempre considerato la patria del buon gusto, dello stile “made in Italy” e dell’eleganza, senza paragoni, a livello planetario. Parliamo di persone e di fatti senza pudore, che mirano solo agli eccessi, con turpiloquio e maleducazione che mettono letteralmente in soffitta il perenne fascino della discrezione e della temperanza, dell’equilibrio e della finezza.
Assistiamo così al perpetuarsi diffuso di modi di vestire e di parlare e di comportamenti, in pubblico e in privato, che nemmeno lontanamente possono associarsi a un’idea di bellezza, equilibrio e armonia. Sembra quasi una gara a consegnare al più presto al passato, perché considerati ormai superati, vetusti, inutili, certi criteri di fondo, alcune buone abitudini, una serie di sani principi, anche dal punto di vista estetico, che renderebbero invece tutto più gradevole e convincente. Insomma, occorrerebbe mettere in pratica il famoso precetto dantesco del seguire “virtute et conoscenza”, e non indulgere invece a ritenere degne le categorie del brutto e dell’antiestetico, sotto tutti i profili.
E’ questa una visione spirituale e morale che ci arriva da molto lontano, dalla ricchezza dello straordinario patrimonio culturale e artistico del “bel Paese”: come detto, si tratta di una miniera d’oro, da tutti i punti di vista, che rende l’Italia ineguagliabile nel contesto mondiale, e che va ripresa in ogni sede per donare verità e gioia di senso a tutti, e in particolare alle giovani generazioni.
Dono e responsabilità: dobbiamo quindi aiutarci a “scegliere” l’eleganza, a fare la cosa giusta, a mettere in pratica una bellezza che sorprenda e contraddica un certo andazzo negativo perché genuina, semplice e felice. E’ un’operazione complessa, sicuramente non facile, che incontra anche un altro campo di azione: l’elogio della sintesi, che toglie il superfluo, quello che non è necessario, quanto esiste di dispersivo, non essenziale, ininfluente, eccessivo, nello scritto e nel parlato.
Anche la comunicazione tra noi, infatti, rischia di subire la minaccia concreta di uno stile retorico che non aiuta, di un lessico burocratico poco adatto ai ritmi veloci dell’informazione digitale, di una scrittura troppo estesa e ricercata che allontana dalla concentrazione e ha ormai fatto il suo tempo. Certo, abbiamo bisogno di eleganza anche qui, di essenzialità di forme e di parole, di linearità e di chiarezza, di cura e di semplicità.
Elegantemente, per tutte queste ragioni, in tutti questi ambiti, scegliamo di diventare un’umanità migliore, realizzando i cambiamenti possibili dell’esistenza di ognuno, un poco alla volta, guardando alle vite di tutti in quest’ora magnifica e drammatica della nostra storia.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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