Sono circa seicento mila le persone in Italia affette da Alzheimer, è questa la stima dell’anno 2022 e 1 milione sono malate da demenza. Si tratta di una malattia complessa e dovuta a diversi fattori, tra cui quelli ambientali e genetici per la quale, nonostante gli sviluppi sul piano scientifico, non esiste, ad oggi, una cura. Per sensibilizzare l’umanità su una questione così complessa, nel 1994 è stata istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Alzheimer Disease International (ADI), la giornata mondiale dell’Alzheimer. Ma capiamo meglio di cosa si tratta.
È una patologia neurodegenerativa a decorso cronico e progressivo. Una delle forme di demenza più diffusa, che colpisce in prevalenza la popolazione anziana dei Paesi sviluppati, circa il 5% delle persone sopra i 65 anni, il 20% ultra 85enni, ma anche chi è al di sotto dei 50 anni (l’esordio precoce).
Da Alois Alzheimer, il neurologo tedesco che, per primo, nel 1900, ne descrisse le caratteristiche, tale malattia è formata da un processo degenerativo progressivo che distrugge le cellule del cervello, causando un deterioramento irreversibile delle funzioni cognitive, la memoria, il ragionamento e il linguaggio, fino a compromettere totalmente la capacità di svolgere azioni quotidiane.
Secondo gli studi, nell’1 % dei casi è dovuta ad un gene alterato che si trasmette da una generazione all’altra di una stessa famiglia. La sua origine sarebbe legata all’alterazione di una proteina nel metabolismo, chiamata “beta amiloide” (APP) che, per ragioni ancora sconosciute, viene mal assorbita dal metabolismo di una persona formando una sostanza neurotossica, ala beta amiloide. Questa accumulandosi nel cervello provoca la morte neurologica progressiva di chi ne è affetto. Il sintomo più comune è la perdita di memoria che, con l’avanzare della malattia, diventa sempre più importante, ma sopraggiungono anche difficoltà nell’eseguire attività quotidiane, problemi nel linguaggio, disorientamento spaziale e temporale.
Molto spesso la persona affetta va incontro anche a perdite di personalità, non provando più gli stessi interessi di un tempo. Nonostante il progresso nel campo della scienza il più grave problema di questa malattia è l’assenza di una possibilità di prevenzione.
Ad oggi, infatti, non c’è alcun modo per scagionare la sua insorgenza, l’unica possibilità è condurre una vita sana, con una dieta equilibrata e svolgere attività fisica per favorire il benessere cognitivo e celebrale.
Nel territorio della Marca trevigiana, l’Azienda Ulss 2 ha stimato che ben 14.000 persone sono affette da demenza e ci sono 3.500 nuovi casi ogni anno. Per tale ragione e per sensibilizzare i cittadini ha deciso di celebrare tale ricorrenza con un incontro a tema “Intelligenza artificiale e decadimento cognitivo” che si tiene oggi mercoledì 21 settembre nella sala convegni dell’ospedale Ca Forcello di Treviso. Si analizzeranno i dispositivi artificiali messi in campo dalla medicina così da illustrare alcune applicazioni in campo biomedico, genetico e del neuroimaging delle demenze.
Non verrà tralasciato di discutere su applicazioni di sistemi intelligenti in grado di analizzare grandi quantità di dati creati, in particolare, per le valutazioni predittive. In tale occasione sarà possibile vedere il Progetto europeo ValueCare, con riferimento alle attività del sito pilota di Treviso. Questo si occupa di utilizzare le tecnologie della comunicazione per monitorare la qualità di vita dei pazienti e per comprenderne i bisogni e le necessità. Si tratta di un modo per indurre i partecipanti a migliorare il proprio stile di vita in termini di alimentazione, attività fisica, relazioni sociali e stimolazione cognitiva. Si offre, inoltre, la possibilità di ricevere una consulenza sanitaria.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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