Inizia la settimana che conduce al 19 marzo, festa di San Giuseppe, tra i santi più amati e ricordati della tradizione cristiana, anche attraverso l’attribuzione di questo nome a tante persone, pure in terra veneta. Tutto ciò ci dà lo spunto per parlare in generale di queste figure singolari e davvero speciali che sono i santi e i beati, venerati dalla Chiesa cattolica che ne annovera a centinaia lungo tutti i giorni del calendario annuale.
Si tratta comunque di riferimenti storici che hanno segnato i percorsi dell’umanità dall’apparire del cristianesimo, e che hanno offerto contribuiti di assoluto valore al cammino della civiltà, con le loro esistenze donate in pienezza.
E ci potremmo chiedere: qual è la lezione più importante che arriva da loro per noi oggi, che viviamo una modernità spesso distratta e distante dalla vita concreta e dalle dinamiche straordinarie impresse da queste esistenze fuori dal comune? Sicuramente la loro libertà, la decisione interiore insuperabile di credere in un messaggio di fede e di bene, di prendere per mano la loro vita e di dedicarla tutta a ideali di prossimità, altruismo, solidarietà, elevazione spirituale, morale e culturale della società del loro tempo.
Colpiscono molto in queste biografie – assolutamente originali e uniche, e al tempo stesso con caratteristiche comuni e condivisibili – l’energia, la passione, il dinamismo, la forza e il coraggio di professare le proprie idee e di dedicarsi agli altri, non a se stessi. Non hanno avuto paura: sospinti da fortissime motivazioni e da profondi convincimenti, anche nelle situazioni più difficili, complicate, spinose e gravi, hanno manifestato la loro indomita volontà di essere coerenti fino in fondo con i propri principi e ideali, tante volte anche a costo della loro stessa vita, pagando con il martirio la fedeltà ad una visione ben precisa della persona e della comunità.
Se guardiamo poi al complessivo percorso storico di questi esempi di santità riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa ed elevati agli onori degli altari, scopriamo che il filo rosso che li unisce tutti è proprio la carità, la decisione convinta, costante e quotidiana di fare qualcosa di bene per gli altri, di costruire novità favorevoli, di aiutare le persone in difficoltà, di prendersi cura delle situazioni, di sfidare le prassi consolidate e di aprire percorsi intraprendenti ed efficaci di servizio, di osare pratiche innovative e solidali, fosse nella propria terra, a contatto con la propria gente, o anche nei luoghi lontani della missione, tra popolazioni sconosciute.
L’evangelizzazione e la promozione umana, insieme, sono stati i denominatori comuni di uomini, donne, giovani, sacerdoti, religiosi e religiose, laici cristiani impegnati nel tempo ordinario quotidiano che hanno saputo seguire la propria vocazione in pienezza, appunto, scegliendo di “prendere in mano la propria vita e di fare un autentico capolavoro”, come insegnava negli anni del suo pontificato San Giovanni Paolo II.
I santi e i beati non hanno vissuto vite speciali, virtuali, irreali o fantastiche: hanno vissuto la vita ordinaria, di tutti i giorni,con passione e amore straordinari per le vite degli altri. Non hanno conosciuto le mezze misure, le tiepidezze, gli alibi, o peggio le assenze e l’indifferenza: si sono fatti carico del bene storicamente possibile, di tutti e di ciascuno, e hanno provato a realizzarlo, mettendo in gioco la propria libertà e la proprio gratuità. In pienezza.
Ma la santità non è solo memoria, ricordo, omaggio e venerazione di quello che è stato. I santi del quotidiano sono ben conosciuti e riconosciuti, sono esistiti e hanno operato anche senza l’attestazione ecclesiale. Esistono anche oggi, e spesso sono quelli della porta accanto, lontani dalle luci dei riflettori e delle telecamere, che ogni giorno in tante famiglie e al servizio della comunità donano la propria vita in silenzio, con forza esemplare, con dedizione encomiabile, con sacrificio di sé fino all’eroismo. La vita in pienezza, santità dell’umano.
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