Passaggio a Pasqua

Passaggio a Pasqua

«Pasqua è voce del verbo ebraico ‘pèsah’, passare. Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio. Da non credente vedo le persone di fede così, non impiantate in un centro della loro certezza ma continuamente in movimento sulle piste». Citando le parole dello scrittore Erri De Luca, entra nel senso vivo e pieno della Pasqua Padre Guidalberto Bormolini, della Fraternità di San Leonardo al Palco a Prato, spiegando che i credenti hanno bisogno dello sguardo di altri “credenti” per sapere se sono in cammino o si sono fermati. Infatti, la tentazione di “sedere sugli allori” è sempre in agguato. Ma per fortuna la vita, se è stata scelta, è anch’essa in agguato e non ci permette di accomodarsi. Appena ci sembra che la meta si avvicini, proprio la vita la fa svanire per aprirci ad altri viaggi, ad altre imprese. Vuole per noi solo «interminati spazi al di là di quella».

In questo senso, il testo del Vangelo di Marco, capitolo 16, versetti 1 – 7, letto la notte di Pasqua, aiuta molto la nostra riflessione laica sui significati del passaggio e del cambiamento che celebriamo in questi giorni. In un testo molto breve ma straordinariamente intenso, ecco il tema del timore: le donne, recatesi al sepolcro di buon mattino, “ebbero paura” per la pietra rotolata e l’apparizione di un giovane vestito di bianco, di cui non sapevano identità e missione. “Non abbiate paura” è la risposta dello sconosciuto, che in qualche modo rassicura e racconta con pochissime parole la verità di quanto avvenuto.

E’ proprio il tema del nostro tempo: la preoccupazione per l’ignoto, per quello che non conosciamo, il timore per le sorti della nostra esistenza, per il potere del male e per quanto potrà accadere anche alle vite degli altri. Un sentimento naturale, intrinseco alla nostra essenza di uomini e donne  che in tanti casi non riescono a dominare le forze del creato e ad avere dominio  di tutti gli accadimenti che possono influenzare la normalità acquisita.

Nell’episodio  raccontato  da Marco, poi, è evidente che la paura era giustificata dall’inedito, dall’incredibile, dal non comprensibile alla ragione umana. Giunge però l’invito a non avere paura, a vincere la tentazione delle lamentazioni e del pessimismo, a eliminare le barriere di carattere spirituale, psicologico e morale che ci impediscono di pensare in positivo, di sperare per il meglio e avere fiducia, di fare concretamente il bene. Ancora, a vincere la resistenza al cambiamento, la pigrizia della consuetudine, l’acquiescenza a tutto quello che fa parte del già visto e sperimentato, appartenente a quella normalità delle piccole sicurezze che garantiscono spazi ma non alimentano processi, dinamismi, percorsi di trasformazione personale e comunitaria. Questo è l’invito da raccogliere in una fase certamente complessa e non facile della nostra vicenda umana, da affrontare con lo spirito giusto di chi mette in gioco la propria libertà e contribuisce veramente a un mondo migliore. La notizia decisiva è poi riassunta nell’annuncio dell’angelo: “E’ risorto”.                                                       

La storia umana cambia completamente senso e direzione attraverso un dialogo tutto rivolto all’essenziale, mediante una comunicazione di rara brevità ed efficacia. La resurrezione di Cristo è diventata realtà. Gesù non appartiene più al passato: non è rimasto nel sepolcro, il suo corpo appartiene al mondo dei viventi e risorgendo egli  ha compiuto il salto decisivo verso una dimensione totalmente nuova dell’esistenza. È una rinascita autentica, una trasformazione completa degli standard temporali  conosciuti fino a quel momento, un intervento straordinario che ricaccia all’indietro il potere della morte, il ricatto delle tenebre, la presa della corruzione sulla corporeità, il dolore  che annichilisce per una privazione che doveva essere per sempre.

Fino a quel momento, all’istante in cui il soffio della nuova vita ha ridato un sussulto a ciò che era inanimato, fino al momento in cui le bende si sono sciolte e la pietra della tomba  si è levata per miracolo e ha cessato di ostruire la vista e il passaggio del Crocifisso. Nella luce del Risorto, nulla è più come prima, tutto cambia, improvvisamente e radicalmente.                                                               

La Resurrezione trasforma il mondo, nella pace e nella gioia. Tutto cambia e si rigenera, tutto si rimette in gioco, arriva l’impensabile che scompiglia i piani, le umane certezze, la considerazione che fosse avvenuto l’irreparabile, che tutto si fosse compiuto nella prassi consueta della morte e non ci fosse più margine per la speranza, per un nuovo inizio. Dentro questa logica di cambiamento interiore, profondo, autentico, si fa strada anche la nostra possibile “resurrezione” nella quotidianità.                                                                

Alla fine, dipende dalla nostra volontà e capacità di risposta a questo annuncio “choc”, a questo effettivo sconvolgimento dell’ordine naturale: possiamo decidere di entrare nella luce nuova della vita che cambia, o restare invece ancorati alle logiche che sono estranee a quelle di una rinascita verso il bene. La buona notizia che sconvolge il corso normale della storia esce per sempre dalla tomba della morte.

Come a dire: nel sepolcro c’è tutto l’uomo vecchio, che si decompone insieme all’inutilità di tutto quello che non ha saputo volgere al bene, non è stato in grado di trafficare con i talenti in suo possesso, non ha costruito in una logica di conversione personale e di comunione con il prossimo.

Fuori dal sepolcro ritroviamo invece tutte la possibilità reali e positive dell’uomo nuovo, entrato nella luce del Risorto, che rifiuta le tentazioni del possesso e del dominio, della corruzione, dell’egoismo e della violenza.. Dentro il sepolcro sono rimaste le “piccole morti” che ci accompagnano nel quotidiano della nostra vita. Ritorna l’alternativa di sempre: il duello tra vita e morte, fra luce e tenebre: siamo certi che la vita è altrove, è cambiata, non ha più le forme di prima, si è messa in moto  in una nuova straordinaria avventura, è ridonata in pienezza a tutti coloro che sperano e amano davvero. E non giace più immobile in quel sepolcro vuoto dove la morte è stata vinta per sempre.

Ce lo ha ricordato in questi giorni il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini in riferimento alle tragiche vicende del conflitto in Terra Santa: “Una cosa comunque iniziamo a comprenderla: è tempo di ricominciare daccapo. Ci sarà bisogno di una risurrezione, di una nuova vita. Nelle relazioni personali, nel dialogo interreligioso, nella vita politica, nella vita sociale, non potremo tornare a vivere come se nulla fosse accaduto. Ci sarà bisogno di un nuovo spirito, di un nuovo slancio, di una nuova visione, dove nessuno sia escluso. Avremo bisogno di scelte audaci, capaci di rispondere alle attese di tutti. Dovremo impegnarci sul serio affinché le parole come “speranza, pace, verità, perdono e incontro” tornino ad avere un senso e vengano percepite come credibili da tutti noi, ponendo nel territorio gesti che poco alla volta ricostruiscano la fiducia così profondamente ferita ….Essere capaci, senza stancarsi, di ricominciare ogni volta daccapo a costruire relazioni di fraternità, perché mossi non dall’attesa di successo, ma dal desiderio di bene e di vita che il Risorto ha immesso nei nostri cuori”.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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