Tenace memoria

Cosa saremmo noi senza memoria?

“Mi sono costruito sui colli Euganei una piccola casa, decorosa e nobile; qui conduco in pace gli ultimi anni della mia vita ricordando e abbracciando con tenace memoria gli amici assenti o defunti”. Così scrive Francesco Petrarca nella lettera a Matteo Longo del 6 gennaio 1371, contenuta nella raccolta Senili XIII, 8, come possono leggere i visitatori all’ingresso dell’antica, preziosa dimora che arrivano ad Arquà Petrarca, splendido borgo nel cuore del Veneto.               

Tenace memoria, ecco che cosa risalta in particolare e che fa riflettere. Dalla luce della mente e del cuore ispirati del grande letterato arrivano le parole che onorano il senso profondo del ricordo delle persone, ciò che aiuta a vivere coloro che esistono, ciò che aiuta a far vivere ancora coloro che non ci sono più.

In una società così “liquida” da aver perso in tanti momenti la solidità di quello che è stato, la concretezza di quello che è esistito, il richiamo vero e poetico del Petrarca ad “abbracciare” con “tenace memoriagli amici scomparsi ci mette nella condizione di porre un freno alla tentazione dissennata dell’oblio sulle vite di coloro che ci hanno preceduto, sul mondo trascorso che per tanti sembrerebbe destinato irrimediabilmente ad andare perduto, come le cose che non hanno più valore e significato.

Ma che cosa saremmo noi senza questa memoria che si fa “presente del passato”, questo omaggio alla storia “motore che ci porta, non peso da portare”?              

La prima, inevitabile risposta viene dal cimitero, dal luogo del ricordo collettivo in cui il destino umano vede tutti accomunati, prima o dopo, dentro il perimetro delle tombe, delle fotografie e delle parole dedicate che testimoniano la vitalità degli affetti, i colloqui ininterrotti tra coloro che vivono e coloro che sono morti. Si potrebbe dire che la “tenace memoria” delle persone defunte aiuta la vita dell’umanità che esiste e resiste, anche di fronte a dolori devastanti e a lutti che magari hanno segnato drammaticamente interi percorsi individuali e familiari.

Basta osservare: qui ci sono i veri “abbracci” citati dal Petrarca, il mesto pellegrinaggio che si ferma e accarezza volti amati e ricordi di tempi felici, l’incedere silenzioso di tanti che annoverano la visita al camposanto tra le mete certe e irrinunciabili della loro agenda quotidiana. Sono gesti preziosi, essenziali, come l’aria che si respira, come l’acqua che si beve, come il cibo di cui ci si nutre. Sono l’esempio tangibile, eloquente, incontrovertibile che la “tenace memoria” entra nella pienezza della vita ordinaria, senza sconti e senza deroghe. Non la memoria occasionale, episodica, improvvisata, ma quella “tenace”, appunto, ordinaria, ripetuta, convinta e costante. Senza alternative. Perché la cura e la dedizione del “ricordo” – che non a caso si alimenta all’etimologia del “cordis” latino, del “cuore” nostro – assume una valenza di assoluto rilievo sul piano culturale più ampio, sul piano della socialità, sul piano della stessa identità di un popolo e di una comunità.

Che cosa saremmo infatti senza questa commemorazione costante degli ideali, degli esempi, delle lotte e dei sacrifici di coloro che ci hanno preceduto? A che cosa si ridurrebbe il senso stesso della nostra conoscenza e della nostra consapevolezza di uomini e cittadini senza questa attitudine seria e motivata per tutto quello che è avvenuto nel tempo passato, e che per noi diventa fattore straordinario, inesauribile e insostituibile di ricchezza di pensiero ed esemplarità di traguardi, di sconfitte e di traguardi di civiltà realizzati?

In una parola, una “memoria tenace” simbolo di nuovo umanesimo, capace di vincere le sfide di una modernità che sembra voler declinare tutto in una chiave di tecnologia pervasiva e artificialità disumanizzante? Proprio il richiamo a quello che è stato, della storia da cui proveniamo, dovrebbe mettere tutti e ciascuno nella condizione di “abbracciare” la bellezza della vita, di gustare tutto quello che di buono essa può offrire, di abitare con umiltà e gratitudine un tempo attuale che è frutto e dono di tanto ingegno, lavoro e impegno di generazioni che sono venute al mondo prima di noi.

Mortali come siamo, dentro i tempi e i ritmi di un’esistenza breve e sfuggente, per tutti, dovremmo imparare a dare valore autentico alle cose che meritano davvero, ai valori che contano, all’amore per gli altri che alla fine diventa l’unico fattore di felicità, di pienezza, di realizzazione, di buon ricordo. Certo, la nostra stessa memoria sarà “tenace”, duratura, gentile e condivisa se saremmo stati capaci di voler bene, di aiutare, di sostenere, di promuovere il bene, in ogni ambiente, in ogni ruolo, comunque e dovunque. La verità di Francesco Petrarca, che arriva dalla grandezza della storia, è la verità che parla al presente e al futuro di tutti noi.  
                      
(Foto: Freepik).
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