Collocato sulla riva sinistra del sacro fiume, Ponte di Piave è un importante centro vitivinicolo popolato da oltre 8.000 anime. Se sul toponimo non c’è molto da dire visto il suo significato palesemente intuitivo, il paese vanta alcune peculiarità sulle quali merita davvero soffermarsi. Prima di occuparcene ci limitiamo a ricordare, molto succintamente, quanto già detto a proposito dell’idronimo Piave. Attestato in epoca medievale come “Plabem”, “Plavem” o “Plave”, esso appare collegato a un’antica lingua indoeuropea (plow – fluire) o al latino pluere ovvero piovere, lemmi che in entrambi i casi rimandano all’acqua e al suo corso.
A questo proposito Ponte di Piave, come altri centri rivieraschi, ha sviluppato un rapporto di odio e amore con il fiume: provvidenziale per dissetare le campagne riarse dal sole, utile a trasportare pesanti tronchi di legna, esso diviene altrettanto insidioso quando le acque esondano oppure ristagnano favorendo il dilagare della malaria. Un limes, quello fluviale, che nel corso dei secoli ha offerto rilevanti opportunità di crescita economico commerciale, ma si è sovente trasformato in luogo di scontro bellico con tutto ciò che ne consegue in termini di razzie, distruzioni e morte.
È comunque innegabile che il Piave, come la via Postumia, abbiano giocato un ruolo decisivo nel progresso di Ponte di Piave le cui campagne in età medievale beneficiarono della sapienza agronomica e della laboriosità dei benedettini. Una circostanza ricordata anche dall’ermetico linguaggio araldico del blasone municipale ove la torre rossa, memoria di una fortezza medievale scomparsa, affonda le proprie fondamenta su un terreno verde smeraldo, segno della fecondità dei terreni pontepiavensi.
Il violento contrasto fra la generosità e la rabbia distruttrice del Piave si può cogliere esplorando un territorio punteggiato da amene ville venete ma sul quale restano i segni di catastrofiche alluvioni, come quella del novembre 1966 nella quale perse la vita il bersagliere Eros Perinotto, Medaglia d’Oro al Valor Civile.
Ponte di Piave, con le sue atmosfere ovattate, l’opalescenza delle acque nelle quali si riflette un cielo in perenne mutamento, ha catturato la sensibilità di diversi artisti e intellettuali fra i quali Giovanni Comisso (1895 – 1969) e Goffredo Parise (1929 -1986) la cui casa è stata trasformata in centro culturale.
Sostiamo sul greto del fiume non lontano dai luoghi dove fu ferito il giovane Ernest Hemingway (1899 – 1961), volontario della Croce Rossa nella Grande Guerra. Di lui si dice che amasse i vini della zona e che questi scorci lo abbiano talmente colpito da ispirare alcune pagine del romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi. Sedotti dal paesaggio e dai suoi illustri narratori, prima di lasciare Ponte di Piave stappiamo una bottiglia di Pinot Grigio DOC delle Venezie e brindiamo a chi, attraverso l’arte e il duro lavoro, ha contribuito a rendere immortali questi luoghi.
(Foto: Wikipedia).
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