Crostoli ma anche… “galani” veneziani: la storia del tradizionale dolce di Carnevale

Crostoli ma anche… “galani” veneziani: la storia del tradizionale dolce di Carnevale

Quando si parla di Carnevale viene spontaneo pensare ai suoi dolci più tipici: le frittella e i crostoli.

Nel secondo caso, la curiosità sta nel fatto che questo dolce, non solo assume nomi diversi in tutta Italia, ma nello stesso Veneto vede due diverse varianti, indicate da altrettanti nomi differenti.

Nello specifico, se la regione conosce questo dolce con il nome di “crostoli”, è altrettanto vero che a Venezia, vengono indicati come “galani”.

Si tratta in entrambi i casi di una sfoglia di farina, uova e zucchero, tirata finemente o leggermente più grossa (specialmente quando cotta al forno) e poi fritta nell’olio. A cottura conclusa è di norma spolverare il tutto con dello zucchero sopra.

Ma da cosa derivano questi due nomi differenti?

Tutto dipende dalla loro forma: i “crostoli” (dal latino “crusta”, che indicava una sorta di biscottini) sono quasi rettangolari, con l’arricciamento del bordo ottenuto tagliando la pasta con la rotella dentata.

“galani”, tipici della città di Venezia, invece, sono strisce di pasta tagliate in forma di nastro, lungo o corto, con riferimento proprio al “galan”, il nastro che le ragazze avevano l’abitudine di portare al collo. Un dolce, questo, dalla pasta più sottile.

Quando si pronuncia questo nome nelle nostre zone, sicuramente a molti verranno in mente il ricordo della cucina della nonna, impegnata nella preparazione di questi dolci, poi collocati all’interno di grandi ceste di vimini, capaci di contenerli tutti, che sprigionavano un profumo inconfondibile. Un profumo che ancora oggi è rimasto tra i ricordi dell’infanzia.

Entrambe le versioni affondano le radici in età romana, quando erano il dolce tipico dei Saturnali, un ciclo festivo riferito al dio Saturno. In quel caso prendevano il nome di “frictilia”, ovvero frittelle a base di uova e farina di farro, fritte nello strutto e di forma tondeggiante, con l’assenza di zucchero, sotituito dall’aggiunta di miele.

Si trattava di un dolce semplice da preparare in grandi quantità e a un costo basso, da distribuire tra il popolo.

La cosa è significativa è che, da allora, la tradizione di questo dolce non è andata persa, pur con tutte le varianti del caso e con la sostituzione dello strutto con l’olio.

Oggigiorno, infatti, questi dolci possono essere fritti nell’olio o cotti al forno (che porta ad avere uno spessore leggermente maggiore), oppure con procedimento misto, l’utilizzo di Marsala, Moscato o liquore Strega.

Un dolce che unisce tutta la penisola e che diventa “bugie” in Piemonte e Liguria, “frappe” in Lazio e alcune zone dell’Emilia Romagna, “cenci” in Toscana, “meraviglie” in Sardegna, “chiacchiere” (è il nome più diffuso) in Milano e diverse zone dell’Italia, solo per fare alcuni esempi.

Anche in quest’ultimo caso, alla base del nome c’è un aneddoto: si narra che la Regina Margherita di Savoia chiese al cuoco di corte Raffaele Esposito di preparare un dolce, da gustare durante le “chiacchiere” con gli ospiti.

Un dolce, i crostoli o galani veneziani, che di fatto unisce tutta la penisola durante il periodo di Carnevale.

(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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