Risi e bisi, pasta e fagioli calda oppure come condimento sul radicchio, la tradizione rurale esalta le ricette locali intrise dei saperi contadini.
Sono le parole del veneto Diego Scaramuzza, presidente nazionale e regionale degli agriturismi di Terranostra Campagna Amica.
L’arrivo del freddo e del gelo fa volare il consumo di legumi con piselli, fagioli, ceci e lenticchie nel piatto di più di un italiano su due (53%) almeno qualche volta a settimana.
E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati Istat in occasione della Giornata mondiale dei legumi che si celebra domani 10 febbraio, istituita dall’Organizzazione delle Nazione Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) come un’opportunità per aumentare la consapevolezza dei benefici dei legumi per la salute e per contribuire a sistemi alimentari sostenibili. Il freddo artico dopo il caldo anomalo di gennaio ha ristabilito la tendenza a mettere nel carrello alimenti “invernali” riportando sulle tavole prodotti come ad esempio i fagioli.
“Sul fronte nutrizionale – evidenzia la Coldiretti – i legumi sono un’ottima fonte di proteine e di fibre alimentari, utili per regolare le funzioni intestinali e per il controllo dei livelli di glucosio e colesterolo nel sangue. Contengono di sali minerali, come ferro, calcio, potassio, fosforo e magnesio, vitamine del gruppo B e, quando sono freschi, anche vitamina C. Dal punto di vista ambientale le piante di legumi hanno un importante ruolo nella difesa della fertilità dei suoli grazie alla loro capacità di fissare l’azoto al terreno, riducendo l’uso di concimi chimici e contribuendo alla difesa delle acque e dell’ambiente”.
“I legumi più diffusi in Italia sono fagioli, piselli, lenticchie, ceci e fave oltre a cicerchie, lupini e soia ma il Belpaese – continua la Coldiretti – può contare anche su molte produzioni tipiche di qualità riconosciute dall’Unione Europea come i fagioli di Rotonda, di Atina, di Sarconi, di Sorana, di Cuneo, vallata bellunese oltre alle lenticchie Castelluccio e a quelle di Altamura. Le coltivazioni nazionali sono diffuse su oltre 150mila ettari e soffrono della pressione degli arrivi di prodotto a basso costo e ridotta qualità, magari favoriti dagli accordi commerciali”.
“La produzione nazionale si è così drasticamente ridotta rispetto al passato, accentuando la dipendenza dall’estero, nonostante una ripresa degli ultimi anni – precisa -. Nel 2022 le importazioni di legumi in Italia hanno sfiorato i 490 milioni di chili secondo una proiezione Coldiretti su dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno”.
Il risultato è che tre piatti di fagioli, lenticchie e ceci su quattro che si consumano in Italia oggi, sono in realtà stranieri, provenienti soprattutto da Paesi come gli Stati Uniti e il Canada dove vengono fatti seccare con l’utilizzo in pre-raccolta del glifosate secondo modalità vietate sul territorio nazionale, mentre in Messico sono spesso coltivati con lo sfruttamento del lavoro minorile.
“Occorre assicurare che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute” dichiara Coldiretti.
“Ma serve anche rivedere il meccanismo degli accordi che favoriscono l’arrivo di prodotti stranieri sulle nostre tavole dove vanno applicati tre principi fondamentali: parità delle condizioni, efficacia dei controlli, reciprocità delle norme. Ma serve anche – conclude Coldiretti – arrivare a una chiara indicazione di origine in etichetta che non è ancora obbligatoria per i legumi secchi o per quelli in scatola. Per non cadere nell’inganno del falso Made in Italy è necessario privilegiare legumi che esplicitamente evidenziano l’origine nazionale in etichetta, come avviene per Dop e Igp, o che si possono acquistare direttamente dagli agricoltori nei mercati di Campagna Amica lungo tutto il territorio nazionale”.
(Foto: Coldiretti).
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