Emergenza granchio blu, Pescagri Cia Veneto: “L’intero comparto della pesca a rischio”

Non solo la Cozza di Scardovari Dop e le vongole. Il granchio blu, il cui esemplare femmina depone fino a 120 uova al giorno, si ciba di (quasi) tutti i tipi di pesce attualmente presenti nell’area dell’Alto Mar Adriatico.

“Oggi è l’intero comparto veneto della pesca ad essere a rischio – puntualizza Pescagri Cia Veneto, l’associazione dei pescatori per la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione della pesca e dell’acquacoltura in ogni sua accezione professionale e territoriale – Trattare tale criticità, letteralmente esplosa quest’estate, alla stregua di uno show cooking non è la soluzione corretta”.

Pescagri Cia Veneto lancia un appello a “fare presto” alle Istituzioni locali e nazionali al fine di salvaguardare l’intero settore ittico del Veneto: 168 milioni di fatturato annuo, 7.400 addetti, 3.849 imprese attive (dati riportati nell’ultimo report “La Pesca in Veneto”, a cura di Veneto Agricoltura). Numeri significativi, che mostrano una volta di più la strategicità della filiera stessa.

“L’unico obiettivo che siamo tenuti a perseguire – commenta il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini – è la redazione, per quanto possibile, di un programma di contenimento del granchio blu nelle nostre acque. Il Veneto è chiamato a diventare un faro pure per le altre regioni afflitte dal medesimo problema”.

Prima, però, serve una mappatura capillare della presenza di tale specie negli areali, che soltanto la comunità scientifica è in grado di predisporre.

“Di certo – aggiunge il presidente – non si può ridurre un’emergenza di tale portata, che sta mettendo in crisi migliaia di attività, con pesantissime ricadute negative in termini economici, ad un ricettario nel quale esaltare la bontà del granchio blu”. In altri termini, va trovato un nuovo equilibrio dell’ecosistema nell’area dell’Alto Mar Adriatico: “È una mera illusione sperare di eradicare totalmente questa specie nel breve-medio periodo”.

Pescagri Cia Veneto, inoltre, chiarisce che i cambiamenti climatici in atto rappresentano una delle cause della proliferazione incontrollata del granchio blu registrata da qualche mese a questa parte: “Per la riproduzione, la specie ha bisogno almeno di circa 25 ppm, parti per milione, di salinità; con la progressiva marinizzazione delle aree lagunari, delle foci e degli estuari dei fiumi l’habitat ad essa congeniale è diventato molto più ampio rispetto al passato”.

“Questo fenomeno va affrontato dagli enti competenti, e non subìto – conclude Passarini – Altrimenti centinaia di aziende saranno destinate a soccombere, con danni ingentissimi anche al tessuto sociale”.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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