Feltre, la leggenda delle reliquie dei santi martiri Vittore e Corona. Il santuario costruito sullo sperone di roccia

Nel nuovo appuntamento con la rubrica “Medioevo Veneto”, curata dall’avvocato Danilo Riponti, Qdpnews.it uscirà dal “recinto” dei tradizionali Comuni seguiti per la cronaca per spostarsi ad Anzù di Feltre, in provincia di Belluno, per conoscere la storia del Santuario dei Santi Vittore e Corona.

La prima questione da affrontare è legata alla storia di questi santi: la tradizione popolare racconta che Vittore è stato un soldato cristiano che ha subito il martirio in Siria, nell’anno 171, durante la persecuzione di Marco Aurelio.

Vittore, infatti, è stato denunciato al tribunale del prefetto romano Sebastiano per essere in seguito sottoposto a pesanti torture, fino alla decapitazione, senza perdere la propria fede.

Corona, che secondo alcuni studiosi è stata la giovane sposa di un suo compagno d’armi, è stata presente al supplizio e, colpita dalla testimonianza del giovane soldato, ha deciso di dichiarare di essere cristiana. La donna è stata quindi arrestata e, dopo un breve interrogatorio, condannata ad essere appesa per i piedi alla cima di due palme curvate a forza che, drizzandosi violentemente, l’hanno squarciata.

Ma come fanno ad arrivare in Veneto le reliquie di questi santi e perché viene fondato il santuario?

“L’autentico spirito crociato promosso da Urbano II – racconta l’avvocato Danilo Riponti – si diffuse rapidamente in tutta Europa e anche il territorio veneto non ne rimase immune: dal territorio trevigiano-bellunese partirono alcuni significativi contingenti, il più celebre dei quali, guidato da Giovanni da Vidor dè Cattanei (o semplicemente, nella tradizione, “Giovanni da Vidor”) e composto da valdobbiadenesi, feltrini e zumellesi, partecipò alla gloriosa I Crociata. Di notevole importanza è il testo epigrafico del 1096, nel Santuario dei Santi Vittore e Corona, posto ai piedi della sua splendida tomba, di stile bizantino nella parte esterna del Martyrium (oggi adibita a sacrestia): nel 1096 Giovanni, padre di Arpone, fonda su uno sperone roccioso sul monte Miesna l’aula di San Vittore e Corona e il figlio, quale segno di devozione in vista della sua partenza in crociata o per il transito a miglior vita, lo affida ai Martiri Feltrini, le cui reliquie erano giunte miracolosamente nel sito”.

“Nell’anno 1096 dall’inizio della redenzione, nel quale vi fu una pioggia di stelle ed anche la spedizione dei cristiani contro i pagani, Giovanni da Vidor, tanto potente per valore ed armi, quanto per ricchezze e gloria, onore della patria, consumato dalla vecchiaia, fondatore dell’Aula, nel giorno 16 settembre da suo figlio Arpone vescovo, è raccomandato ai beati martiri Vittore e Corona”.

Il santuario – prosegue l’avvocato Riponti – venne quindi certamente fondato nel 1096, probabilmente sul sito di un piccolo sacello preesistente, dal Cavaliere Giovanni da Vidor, miles glorioso, fedele all’imperatore Enrico IV, pronto ad assumere la Croce per difendere luoghi santi, e il figlio, il vescovo Arpone, lo affida ai beati martiri Vittore e Corona, secondo una tradizione frequente nell’età crociata. Le reliquie dei Santi, che erano state trasportate dal luogo del martirio in Siria alla città di Ceronia nell’isola di Cipro, furono poi traslate in secondo momento, forse intorno al IX secolo, nel territorio veneto, secondo una prassi di culto, devozione e acquisizioni di reliquie dall’Oriente, assai diffusa in quegli anni”.

“Per un singolare prodigio – aggiunge Riponti -, le reliquie, forse destinate alla Chiesa di Belluno, giunte in corrispondenza della gola del Piave alle pendici del Monte Miesna, manifestarono in vari modi sovrannaturali di voler rimanere in quel sito: i cavalli che trasportavano l’arca delle reliquie si rifiutavano di avanzare, mentre poste due magre vacche al giogo, secondo le indicazioni impartite da San Vittore, apparso in visione mistica ad una vecchietta del luogo, le stesse raggiunsero senza fatica, nel giorno 18 settembre, data in cui il martirologio feltrino ricorda i Santi, l’aspro ed elevato sito predestinato, ove furono ospitate probabilmente in piccolo sacello preesistente al Santuario”.

Da allora i Santi divennero elettivamente i Martiri Feltrini – continua -. Giovanni fondò il santuario per motivi devozionali ma anche per l’onore e la gloria del proprio Casato e i legami che lo univano all’Imperatore del Sacro Romano Impero, in sito di grande rilievo strategico. Il figlio Arpone, vescovo di Feltre, il 14 maggio del 1101 consacrò l’edificio, da lui perfezionato ed arricchito in tempi veramente rapidi, solo cinque anni, proprio alla presenza prestigiosa dell’Imperatore Enrico IV, e ripose nell’arca collocata al centro del Martyrium diverse reliquie tra cui quelle dei martiri feltrini”.

“Ma Giovanni partì effettivamente per la Terrasanta, pur anziano, e prostrato dagli anni, evidentemente deciso a non fare ritorno ma a finire la sua vita in Terrasanta oppure morì nel suo territorio patrio? – si chiede Riponti – Il mistero si complica giacché non uno bensì tre Giovanni da Vidor compaiono nella donazione a Monaci Pomposiani dell’Abbazia di Vidor, avvenuta nel 1106”.

“Ricostruendo l’intera vicenda sulla base dei pochi elementi storicamente solidi – prosegue l’avvocato Riponti – quel Giovanni da Vidor che nel 1096, consumato dagli anni, aveva fondato l’aula nel partire per la prima Crociata, e che suo figlio Arpone, vescovo di Feltre, aveva raccomandato ai santi Martiri, non pare potersi identificare con quel Giovanni Gravone, che compare nell’atto di donazione del 1106 assieme ad altri personaggi appartenenti alla famiglia da Vidor, bensì piuttosto con quel Iohannis Maioris il cui figlio Ezzelino, fratello di Arpone, appare come pieno disponente, essendo erede del glorioso cavaliere, amico dell’imperatore Enrico IV e fondatore del santuario dei Santi Vittore e Corona sul monte Miesna, che, per il suo evidente prestigio, non poteva non essere citato a qualche titolo nell’atto solenne di donazione ai pomposiani”.

Inoltre, probabilmente Giovanni il Maggiore era animato da spirito crociato, come si evince indirettamente dal suo epitaffio – conclude Riponti – e aveva in qualche modo auspicato l’arrivo di sacre reliquie dall’Oriente cristiano, secondo un culto estremamente diffuso in età crociata”.

(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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