La fine di una relazione secondo la psicologia: “Persa la dimensione dell’impegno, oggi vince il mordi e fuggi”

Passata la giornata di San Valentino, la festa degli innamorati, delle promesse, dei fiori e delle cene a lume di candela, “rompiamo l’idillio” esplorando, assieme al dottor Pierantonio Polloniil lato decisamente meno romantico dell’amore, quello del sentimento che finisce lasciando spazio a dolore e conflitti.

Il tutto partendo da un presupposto: non esiste un manuale d’amore con regole che valgano per tutti. Per riflettere sulla sfera delle relazioni bisogna prima fare pace con la complessità, allargando lo sguardo anche al contesto sociale in cui viviamo. Inoltre, come spiega Polloni, psicologo corporeo, di fronte ad una storia al capolinea, quel che conta è “farsi le domande giuste” per trasformare un momento di sofferenza in un’opportunità di crescita.

Il dottor Pierantonio Polloni
Dottor Polloni, quand’è l’inizio della fine? 

“Partiamo da lontano, da una premessa. Mia nonna Romilda aveva un frigorifero che è durato 35 anni, quello di mia mamma 20, mentre il mio è tanto se durerà 7 anni. Questo per dire che la struttura delle cose è diversa da quella di un tempo. Lo stesso vale per le relazioni che oggi approfondiamo con un approccio ‘di mercato’. Ho un desiderio? Basta fare un click e il giorno dopo fruiamo della merce; insomma, ci siamo abituati al meccanismo per cui ‘se una cosa funziona da subito vuol dire che fa per me’. Se scricchiola ci costa meno cambiarla che aggiustarla. Assistiamo ad una sorta di ‘mercificazione’ della parte relazionale, e non perché siamo brutti e cattivi, ma semplicemente perché risentiamo del contesto in cui viviamo: una società veloce rivolta alla realizzazione di desideri mordi e fuggi. Non è un caso che molte persone preferiscano usare Tinder anziché fare la fatica di uscire di casa e andare in luoghi dove ci si aggrega, dove si conoscono altre persone. È un meccanismo che alla lunga è deleterio”.  

Quindi Tinder è una sorta di piattaforma per l’amore on demand?

“In un certo senso sì. Sfogli un catalogo alla ricerca di qualcosa che ti piaccia pensando che quello che ci piace sarà anche ciò che ameremo. In realtà, vale anche per gli hobby, iniziamo ad innamorarci davvero delle cose dopo che abbiamo dedicato loro tempo e attenzione. Le scorciatoie vanno bene in tanti ambiti della vita, ma non in quello relazionale. 

Quali sono i segnali che ci dicono che è ora di prendere strade diverse? 

“La misura è molto personale. La storia è alla fine quando ci provoca più dolore che piacere: non c’è un modo assoluto se non una valutazione del livello della qualità di vita. Dipende anche dalla fase della vita in cui ci troviamo. I nostri desideri cambiano in base all’età: quello che desideravo a 20 anni può essere molto diverso da ciò che cerchiamo a 40 o a 70. Se si desiderano cose diverse, e se si hanno valori diversi, una coppia difficilmente funzionerà. Per qualcuno la priorità può essere la sicurezza, l’avere qualcuno che si prenda cura di te. E questo è un ragionamento che non si fa certo a vent’anni. Se io ho sposato l’avventura come valore, difficilmente mi costruirò una famiglia: la libertà assoluta anelata dall’avventuriero non si concilia con una routine famigliare. Una coppia composta da un uomo per cui l’avventura è il primo valore e da una donna che desidera costruire una famiglia rischia di trovarsi in un’impasse costante. L’importante è seguire il cuore, a costo di fare errori, è solo da quelli che si impara”.  

Sono stata lasciata/o dal partner: come affrontare il periodo della rottura? 

“Ci sono tanti modi di affrontarlo. Premesso che quando il dolore è talmente insopportabile da inibire la tua quotidianità bisogna rivolgersi ad un professionista, come dico ai miei pazienti, chi viene lasciato deve farsi le domande giuste. E la domanda giusta è: cosa posso imparare da quello che sto vivendo? Questa ci restituisce il potere di cambiare e di trasformarci in persone migliori. Sensi di colpa e autodemolizione non portano a nulla. Al contrario chiedersi cosa si può imparare di buono dalla rottura può aiutarci a capire tante cose: che magari avremmo potuto essere più assertivi o che non avremmo dovuto ignorare le nostre sensazioni negative. Ci sono tante cose che si possono imparare e il loro prezzo è il dolore. Infine, bisogna accettare che nella vita le cose finiscono, tutto attorno a noi ci ricorda che le cose hanno una fine, che si trasformano. Ce lo insegnano bene gli alberi che in autunno perdono le foglie, in un certo senso muoiono, e poi rifioriscono in primavera. Così come le stagionalità del nostro cuore sono parte integrante del divenire umano”.

Abbiamo parlato di chi viene lasciato, che meccanismo scatta nella mente di chi lascia? 

“Chi lascia ha chiaro che un desiderio diverso ha iniziato a bussare alle porte del suo cuore. Il problema a quel punto non è tanto lasciare, quanto il come. Molte coppie si lasciano perché non sanno gestire il conflitto e perché dimenticano che la relazione non è un gioco in discesa: è impegno, reciprocità, sacrificio, volontà, progetto, sessualità e condivisione. Tutte cose che comportano fatica e che vanno al contrario rispetto al meccanismo clicco e ricevo domani”. 

Ha citato la sessualità: quanto è importante nel benessere di coppia?

“È una componente senza la quale non è possibile avere una relazione che è fatta di amore, sentimento – che ha il picco di una gaussiana e se non lo alimenti cala a picco –, progettualità comune e sessualità. Come fai ad avere una vita senza considerare la dimensione corporale? Nella vita di coppia se manca la parte fisica c’è una falla di base. Ma anche lì, ci si può lavorare prima di gettare tutto all’aria”.

(Autore: Rossana Santolin).
(Foto: archivio Qdpnews.it
(Articolo e foto di proprietà di: Dplay Srl riproduzione riservata)
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