Erano gli anni Cinquanta, gli anni della Ricostruzione, del modello americano, della moda sgargiante e colorata: il Lido di Venezia era frequentato soltanto da quella classe nobile che veniva da tutto il mondo per scoprire una sottile lingua di terra circondata dal mare, a pochi minuti di timone da Piazza San Marco.
Era uno scrigno, un’isola segreta (penisola, in realtà), dove approdare per cercare i tesori della cultura, del cinema, dell’arte e della musica. Un luogo esclusivo, potremmo dire elitario, con alloggi lussuosi e ristoranti per palati raffinati che faceva da salotto per cognomi altisonanti, o comunque piuttosto noti.
Per Carla Tolomeo, oggi celebre artista e pittrice, il Lido di Venezia è sempre stata una questione di famiglia, tanto che è stato impossibile per lei non notarne la graduale trasformazione nei decenni. “La prima volta ci sono andata da bambina – racconta, con un accenno di nostalgia – I miei genitori l’avevano scelto come meta per le vacanze. Ma, riavvolgendo ancora di più il nastro, anche mia mamma ci ha trascorso l’infanzia, in estate.
Gli eventi della sua vita le permisero di tornare a Venezia spesso, tanto spesso da conoscere personaggi illustri, anche solo per quell’intimità casuale che quella località sapeva concedere. Carla accompagnò più volte il marito Giancarlo Vigorelli, uno dei critici letterari più influenti del suo periodo in Italia, alla giuria del Campiello e alla Mostra del Cinema, ma poi il Lido divenne qualcosa di più: un rifugio dove fuggire dalle fauci di una città divoratrice come Milano. Soggiornava all’Hotel Excelsior e poi al Danieli, per tutto il mese di agosto.
Come in un film di Luchino Visconti, il Lido descritto da Carla rimaneva anno dopo anno un luogo immobile, elegante, accurato, con “gli stabilimenti ordinati, gestiti da donne dal volto severo in vesti bianche, così come erano in bianco i venditori di frutta caramellata”. Per questi dettagli di osservazione “lenta”, il racconto della signora Tolomeo traccia, anche se chiaramente da un punto di vista soggettivo, ma anche sagomato dalle emozioni di un’artista, il passato di un Lido che oggi forse è più difficile vedere.
Ci fa un ritratto veloce del Lido mondano degli anni Sessanta e Settanta?
“Il Lido era qualcosa di meraviglioso. Era ancora aperto l’Hotel des Bains e questo garantiva un passaggio di personaggi di livello straordinario. Nel 1968 Juan Carlos di Borbone (Re di Spagna dal 1975 al 2014 ndr) era venuto con Ottone d’Asburgo (ultimo arciduca ereditario d’Austria e d’Ungheria) perché c’erano alcune ragazze dell’alta aristocrazia europea – non posso farne il nome perché alcune di loro sono ancora vive – ma erano sette sorelle e un solo fratello. Mi ricordo che marciavano in formazione compatta tra le spiagge del Lido e arrivavano molti giovani, sempre aristocratici, per cercare di “combinare” un matrimonio. Noi ragazzine guardavamo la scena da lontano”.
Nei giorni scorsi si è concluso il festival del Cinema di Venezia. Che ricordi ha di quelle edizioni?
“Alla mattina presto trovavo Herbert Von Karajan (considerato uno dei più grandi compositori di tutti i tempi ndr) che faceva Joga. Era molto amabile, io facevo finta di non sapere chi fosse, ma lui mi ha insegnato alcune posizioni molto difficili da eseguire”.
E il resto della giornata?
“Credo che i personaggi di allora fossero enormi rispetto a quelli di oggi. La spiaggia si gremiva di persone molto famose, ricordo il mitico regista John Ford con il quale siamo andati a Venezia sul mio motoscafo. Ma anche attrici e attori del momento, i più famosi erano tutti al lido. Ricordo che i nostri vicini di capanno erano i Marcello (nobile famiglia veneziana ndr), il conte Giovanni Nuvoletti con la moglie Clara Agnelli e l’immancabile Champagne verso mezzogiorno”.
Lei è tornata anche quest’anno: ha notato cambiamenti?
“La bellezza fortunatamente è rimasta intatta, forse in qualche stabilimento è stata messa qualche fila in più di capanni, ma poco conta. I viali del Lido sono ancora bellissimi, non avrei messo le bancarelle, ma forse bisogna aprirsi alle nuove tendenze. Quest’anno ho scelto una zona più lontana avendo anche due cani, la spiaggia per chi ha animali è simbolo della grande civiltà di questo luogo chiamato Lido di Venezia che ancora oggi è un’oasi di organizzazione e di pulizia nella disorganizzazione totale che lo circonda”.
E che persone frequentano oggi questa spiaggia?
“Non sono più quelle di un tempo, il bestiario umano è cambiato, me ne sono accorta anche andando a salutare il mio amico portiere del Danieli. Mentre uscivo è arrivato un ragazzo che consegna cibo a domicilio, questo dimostra come i tempi sono mutati. Al Lido ho visto molte famiglie con bambini, la cosa bellissima rimangono comunque i veneziani che arrivano ogni giorno con il vaporetto. Certo, i grandissimi personaggi non ci sono più ma forse la società non li permette più di esistere, oggi ci sono gli sceicchi con i mega yacht”.
Ci stiamo, nostro malgrado, abituando a scene di turisti che deturpano la bellezza di Venezia. Possiamo comunque dire che il Lido rimane un’oasi felice? A riparo dal non-luogo?
“Fortunatamente quel piccolo braccio di mare separa anche il Lido dal turismo becero di Venezia. Non capisco perché questa montagna di persone girino con il cellulare in mano senza ammirare le bellezze della città. Abbiamo tutti il piacere di testimoniare la nostra presenza in un posto, ma non si può vivere così. A Venezia c’è un turismo senza speranza, forse al Lido non c’è nulla da fotografare ma in questo modo la sua bellezza rimane, per ora, intatta”.
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