Soccorso Alpino Speleologico del Veneto, incremento degli interventi “anomali” nell’ultimo biennio. Riconfermato il presidente Salenati: “Il CNSAS è la mia famiglia”

È trascorso appena un mese dallo scoccare del nuovo anno e il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino Speleologico ha già portato a termine oltre un centinaio di interventi, un numero mai registrato prima: attualmente sono 708 gli uomini e le donne impiegate sul territorio regionale, coordinati dal riconfermato presidente Rodolfo Salenati.

Nel corso del biennio appena trascorso il lavoro del Soccorso Alpino, nella zona Pedemontana in particolare (gli interventi in questa zona sono stati tra i più numerosi), è stato interessato da cambiamenti dovuti alle regole sanitarie, ma dalla centrale operativa di Belluno si è notato anche un certo incremento dei “casi anomali”, ovvero quelle situazioni che, nella maggior parte dei casi, sono dovute all’inesperienza nell’approccio alla montagna. 

Il presidente Salenati, che è originario di Sappada e lavora nello CNSAS dal 1977, risponde ad alcuni quesiti sull’esperienza riportata da quella che tiene a definire come la sua famiglia in questi due ultimi anni: “All’inizio è stato difficile procurarsi i dpi necessari per avvicinarsi alle persone da soccorrere – afferma – la nostra scuola sanitaria ci ha dato una mano, facendo formazione su come cambiare il nostro approccio al ferito senza correre rischi. Sicuramente durante la pandemia c’è stato un riavvicinamento alla montagna da parte delle persone: le zone più critiche sono sicuramente quelle sulla fascia delle Dolomiti, ma abbiamo fatto molti interventi anche sulla fascia Pedemontana e del Grappa”. 

“Dicendo che sono aumentati gli interventi anomali intendiamo per esempio quelli dovuti allo sfinimento, nei quali l’escursionista non ha pianificato bene l’itinerario o si è sopravvalutato; quelli dovuti alla perdita dell’orientamento, che sarebbero evitabili portando con sé una mappa, sia pure cartacea, chiedendo indicazioni a persone del posto o studiando in anticipo il percorso da affrontare” spiega il presidente Salenati.

“Spesso poi un’altra causa d’intervento è la mancanza di materiale adeguato: si sa bene che il tempo in montagna può cambiare rapidamente, è bene portare con sé un ricambio e dell’acqua, magari con degli integratori salini. Ci è capitato di soccorrere persone che si sono trovate senz’acqua, in stato di disidratazione. Anche gli interventi dovuti ai malori sono in aumento e anche questi, per quanto imprevedibili, possono essere in alcuni casi evitati: io, per esempio, anche se sono allenato, ho 65 anni e ogni anno faccio un checkup completo per essere sicuro di stare bene”. 

Per entrare nel Soccorso alpino è richiesto un alto livello di formazione: bisogna prima di tutto essere iscritti al Cai e frequentare una scuola d’alpinismo, che prepara il candidato alla montagna, per poi superare una complessa prova attitudinale.

Per i giovani esiste una sezione che li iscrive come volontari e li qualifica come osservatori: ovviamente non è concesso loro di operare in situazioni critiche, ma l’esperienza serve per renderli partecipi e coinvolgerli in quello che, in futuro, può diventare un impegno su campo. “Attualmente anche la quota rosa è in netta crescita: sono 52 le soccorritrici, tra cui una capostazione e un’altra al vertice dell’organizzazione sanitaria”. 

“Questo è il mio ultimo mandato – conclude Salenati, – Quattro sono già tanti. Da noi al Soccorso Alpino esiste uno statuto che non permette più di quattro turni: poi tornerò a fare il volontario, che è una bella cosa, comunque”. 

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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