La “Valle perturbante” del futuro secondo la Metaverso, dove la realtà viene arricchita da giovani sviluppatori

Guardando in direzione Apple, la nuova frontiera del digitale sembra essere la realtà aumentata: addio ai computer con schermo e tastiera fisici e benvenute alle proiezioni, ai visori e a quelli che, da boomer, ci verrebbe da chiamare ologrammi. Certo, queste tecnologie hanno dei limiti e lo sa bene chi ci lavora da ben prima del lancio del “Vision” della Mela, come la Metaverso, una brillante officina digitale di Asolo, con cui abbiamo parlato del concetto interessante di “valle perturbante”. 

Definito in inglese, “Uncanny Valley”, questo termine definisce quella strana sensazione, simile al ribrezzo, che capita di provare sperimentando una riproduzione digitale del corpo umano vicina alla realtà, ma non esattamente al 100%. Un fenomeno che spiega perché il futuro della tecnologia potrebbe indirizzarsi verso una fusione tra fisico e digitale, piuttosto che all’immersione in universi completamente virtuali. 

“Sull’immersione totale nel digitale, è ancora tutto da verificare – spiega Riccardo Franco, Managing Director di Metaverso, e tra i fondatori dell’azienda – la tecnologia non è ancora giunta a piena  maturazione. I visori sono ancora scomodi: dopo un’ora che li indossi non ne puoi più. Questo limita i contesti in cui certe cose si fanno meglio e più volentieri con un visore sul viso. E poi c’è quella questione, l’Uncanny Valley”.

Per un profano, perché questa valle dovrebbe essere così perturbante?

Perché abbiamo una sensibilità così innata per la fisionomia umana che quando ci troviamo davanti a una sua riproduzione simile, ma non esatta, questa ci crea inquietudine e una sorta di rifiuto. È un fenomeno noto da decenni, che spinge l’industria del cinema a produrre animazioni in cui i personaggi hanno rappresentazioni cartoonesche, piuttosto di ricreare fedelmente i corpi umani. 

In modo simile, questo fenomeno sembra abbracciare l’intero concetto di immersione in una realtà digitale: una sorta di resistenza innata verso un simulacro sintetico percepito come una caricatura della realtà di ogni giorno.

Se guardando un film riusciamo magicamente a sospendere il giudizio e a immergerci nella trama come se fosse parte della nostra vita reale, ciò non è detto avvenga anche nella Realtà Virtuale, proprio perché molto simile alla nostra esperienza quotidiana, ma non esattamente uguale ad essa. 

Nonostante ciò, certi tipi di esperienze in Realtà Virtuale funzionano già oggi, specialmente quelle brevi, per i quali all’utente viene richiesta molta interazione. In questi casi l’Uncanny Valley passa in secondo piano, perché a catturare l’attenzione è la sfida con il gioco. Noi, per esempio, ci siamo specializzati nella produzione di training in Realtà Virtuale, così puntiamo a coinvolgere gli utenti, sfidandoli a completare delle missioni.

Ma quindi c’è differenza tra la realtà aumentata e la realtà virtuale? 

La Realtà Virtuale ci proietta all’interno di un mondo completamente digitale, mentre la Realtà Aumentata sovrappone delle rappresentazioni grafiche agli oggetti fisici, come se magicamente avessimo la possibilità di vedere una dimensione in più, invisibile a occhio nudo.

Apple su questo potrebbe rivelarsi, ancora una volta, l’attore in grado di sbaragliare il campo. Nel nuovo Vision, il visore che verrà lanciato sul mercato a inizio 2024, una rotellina ti permette di decidere il livello di immersione nel digitale: se davanti a te vuoi spostare degli ologrammi sopra il tuo divano di casa (Realtà Aumentata), se vuoi essere trasportato sul ponte del Titanic (Realtà Virtuale) o sei vuoi restare sospeso a metà tra questi due estremi. 

Nelle prime demo diffuse da Apple si vedono esperienze in cui il virtuale non si sostituisce mai completamente alla realtà: in questo modo si resta ben ancorati a quello che siamo naturalmente portati a esperire, evitando il fenomeno dell’Uncanny Valley.

Dal punto di vista del design, Vision ci promette inoltre di rendere questi strumenti più belli e comodi da usare.

L’evoluzione di Metaverso

Metaverso srl porta questo nome da quasi 20 anni, ovvero da molto prima che Mark Zuckerberg pensasse a Meta. È stata tra i primi inquilini della Fornace di Asolo, nel 2005, quando la struttura non era stata ancora inaugurata: è nata sull’onda del successo di un progetto di Realtà Virtuale per Provincia di Milano, vincitore del premio innovazione al Forum PA nel 2003. Per i primi dieci anni si è dedicata allo sviluppo di rendering e animazioni 3D, in attesa che le tecnologie di Realtà Virtuale e Realtà Aumentata diventassero di dominio pubblico. 

Oggi vi lavorano dodici persone tra sviluppatori e grafici 3D, e recentemente l’azienda è stata acquisita dalla Delta System di San Fior, che a sua volta fa parte di Horsa Group. Di recente sono stati portati a termine alcuni progetti, uno dei quali, sviluppato per Confartigianato Formazione Marca Trevigiana, riguarda la creazione di una simulazione in Realtà Virtuale per la sicurezza sul lavoro. Con Delta System, Metaverso sta dando vita a MIO, un innovativo ecosistema software 3D per la prototipazione virtuale e la configurazione avanzata di prodotto in vari settori manifatturieri.

Come si fa ad arrivare a fare questo mestiere?

Per quanto riguarda lo sviluppo software, molti dei nostri ragazzi sono programmatori figli della passione per il mondo del gaming. Fortunatamente per noi, spesso nei gamer nasce la volontà di sviluppare un gioco proprio e questo fa da motore iniziale per un percorso di formazione serio, lungo e approfondito. I 3D Artist, grafici specializzati nella produzione di modelli virtuali, animazioni e immagini, hanno invece percorsi formativi molto vari: qualcuno proviene dal fumetto, altri da percorsi accademici di arti visive, altri ancora da corsi specifici di grafica 3D. 

Voi su cosa vi siete concentrati?

Noi ci siamo concentrati sugli ambiti di applicazione della virtualizzazione 3D in cui la versione digitale di un oggetto può portare risparmi di tempo e di costi o aiutare le vendite. Vogliamo che le nostre soluzioni diano un valore aggiunto misurabile e non siano soltanto un modo per cavalcare l’effetto wow del momento. Da quando si parla del metaverso, sono molte le aziende nate dal nulla, ma che promettono miracoli nella nuova frontiera della comunicazione.

Noi questa frontiera la conosciamo bene, e sappiamo cosa porta valore e cosa invece è soltanto un’illusione ben confezionata.

(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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