I giovanissimi lo ricordano come l’insostituibile conduttore della “Melevisione”. I meno giovani, invece, come il degno erede di Tonio Cartonio, che lasciò il Fantabosco e i suoi piccoli telespettatori dopo sei stagioni: Lorenzo Branchetti, alias Milo Cotogno, dal 2004 è stato in grado di condurre oltre mille puntate di questo programma fino al 2015, dimostrandosi eclettico anche nel performare con disinvoltura pure in altri format televisivi.
In occasione del Dolomiti Fantasy (fiera coraggiosa a cui dedicheremo un altro servizio), Branchetti è stato invitato in qualità di ospite speciale sul palco, per la gioia di tutti i bambini, e noi abbiamo colto l’occasione per strappargli una breve intervista. Un’improvvisa tempesta, infatti, ha impedito a Borgo Valbelluna di dare al celebre artista un degno benvenuto, ma a rimediare sono stati i bambini, emozionatissimi nel trovarsi davanti quell’attore che per tanto tempo li ha accompagnati nel fantastico mondo della Melevisione.
Lorenzo, il mondo dell’intrattenimento per bambini è cambiato moltissimo in questi tempi: come si fa a intrattenerli e a farli divertire ancora al giorno d’oggi?
“Si fa come si faceva una volta: perlomeno noi che viviamo un po’ nel mondo delle favole abbiamo sempre cercato di raccontarle e continueremo a raccontarle. È ovvio che l’attenzione dei bambini magari è un po’ diversa, però se abituiamo i bambini a cambiare questi ritmi frenetici che ci sono oggi probabilmente possono crescere con più tranquillità.
Quello che manca oggi, forse, è proprio questo: la tranquillità. Tutto è più immediato, più frenetico con i cellulari e tutto il resto, però noi che arriviamo dal mondo della tv per ragazzi, quindi noi della Rai, perlomeno cerchiamo di mantenere il nostro stile un po’ fiabesco”.
Come descriveresti la tua esperienza personale in questi anni?
“È stata l’esperienza più bella della mia vita ovviamente. Entrare nella tv dei ragazzi mi ha permesso di capire come funziona il mondo del lavoro in televisione più che in qualsiasi altro contesto. E sai perché? Perché mi ha permesso di avere il pubblico più bello, ma anche il più esigente. Quello dei bambini è un pubblico vero: se si annoiano, non rimangono lì ad applaudirti“.
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