Costalta: scrigno di storia, arte e magia dove l’accoglienza è una questione di comunità

Oggetti vari sul retro di una legnaia


Costalta, nel Comune di San Pietro di Cadore, è un piccolo borgo esposto su un ripido pendio e conta circa 460 abitanti. Assieme alle sue sorelle, Costa e Costalissoio (che vuol dire “costa del sole”), rappresenta uno dei paesini più remoti del Comelico, ma – come vedremo – anche uno dei più virtuosi e resilienti.

Una veduta su Costalta

Il paese esiste dall’epoca medievale, ma la sua disposizione, in parte ripensata nel Novecento, è unica. Come ci mostra la famiglia Eicher Clere, che da decenni vive a Costalta, la chiesa era l’unico edificio in muratura presente, mentre al giorno d’oggi sono rimaste trenta le case in legno (qui l’articolo relativo agli incendi nelle borgate di legno e alla questione del Rifabbrico). 

Vecchie fotografie di Costalta

La preziosità degli scorci nei quali ci si imbatte scorrazzando tra le vie del paese, tra fontanelle incassate nella pietra e intriganti sculture lignee (ognuna con un suo significato specifico) raccontano una storia che chiunque ascolterebbe volentieri: racconti autentici, dove le cartoline patinate della montagna tradizionale lasciano il posto a ritratti a carboncino di un mondo a tratti freddo, chiuso e difficile, ma anche ricco di valori che oggi abbiamo forse dimenticato; primo tra tutti la famiglia e il senso della collettività.

Uno scorcio su una delle stradine di Costalta

Negli istituti superiori del Cadore, per esempio, tutti sanno che chi proviene da Costa, Costalissoio e Costalta, dovrebbe venire giustificato in caso di ritardo a lezione: in certi inverni, la neve è talmente alta che tutto il paese deve lavorare per pulire i tetti (e di conseguenza poi le strade).

Una salita ripida in centro

La strada che da Costalta porta verso il corso del fiume Piave spesso incorre in dei disagi e in mezzo al paese è sfidante utilizzare mezzi pesanti. Insomma, la vita “in costa” è dura, ma è anche speciale e bastano pochi passi in “centro” per capirlo.

La via principale

La vera accoglienza diffusa

Nonostante il passato umile di questi luoghi, infatti, Costalta fa scuola per quanto riguarda l’accoglienza turistica “slow” e forse è uno dei pochi esempi riusciti di albergo diffuso, quello vero: ovvero di una gestione centralizzata attraverso un’associazione, Ospitalità Diffusa, delle richieste di soggiorno, con una distribuzione (democratica) dei turisti nelle locazioni a disposizione. Così, come un tempo accadeva anche altrove, ogni famiglia può mettere a disposizione quelle proprietà che non utilizza e, invece che abbandonarle, è stimolata a valorizzarle il più possibile. 

Uno strano campanello a Costalta

A Costalta condividere l’accoglienza turistica è diventato uno stimolo anche per altre iniziative che oggi potremmo definire sostenibili: è qui che la Cooperativa di Costalta si è inventata “l’Adotta una mucca” che ha fatto impazzire gli amanti dei prodotti tipici di montagna l’anno scorso, riprendendo quell’usanza della latteria sociale che un tempo era indispensabile per il sostentamento della comunità. 

L’ex Latteria Sociale di Costalta

L’arte a Costalta

Un’opera che ritrae un diavolo sulla spalla di un paesano

I percorsi lungo il paese sono imperdibili ed è possibile percorrerli in silenzio, senza incontrare nessuno, persino in agosto: c’è l’Angiul Sai, che porta da piazza Casanova all’omonima Casa Museo, c’è il Giò Auto, che si conclude alla segheria, c’è quello intitolato a Karol Wojtyla.

Non pensate a ordinate vie pedonali o ampie ciclabili: questi itinerari ecologici immergono gli escursionisti nella vera vita di un tempo, stretti tra i fienili e le case di legno, attraversando cortili e giardini, lavatoi e scalette. Un’atmosfera intima e avventurosa, ricca di incontri con opere d’arte di ogni tipo.

La Ceda di Palus

A partire dagli anni 2000 fino al 2010, “Costauta” è stata arricchita dall’operato di artisti locali e non, i quali hanno voluto attribuire a ognuna delle “cede” (case in dialetto) una statua di legno, capace di riassumere in se stessa un aneddoto del passato. Nell’esposizione permamente si passa dall’interpretazione del Suono, alle Gocce di cirmolo, alla Sedia del Tempo, al Diavolo sulla spalla, alla Meridiana di luce, per un totale di trentasei opere.

La Ceda di Maldoi

In località La Siega, un’altra serie di opere rende magica la strada che porta al Monte Zovo: si chiama LeggendAriaMente e si sviluppa lungo una via dove sono numerosi i vecchi fienili e le baite curate. Qui le fiabe tradizionali più belle prendono forma nel legno, così da facilitare l’immersione narrativa del visitatore. 

Vite oltre le statue

Il lavatoio di Costalta


Ma a Costalta non ci sono soltanto statue di legno e vecchi fienili: la cultura è viva, talmente viva che vi sopravvive persino una scuola di musica. I gruppi culturali che rinvigoriscono la comunità in estate e in parte anche in inverno sono due (in pochi metri quadri di centro abitato) e tra di loro c’è anche un po’ di sana competizione. Sopravvivono anche delle attività commerciali, un ufficio postale e, per sicurezza, un distaccamento dei Vigili del Fuoco.

Un murales in piazza a Costalta

La tradizione culturale, in parte, si ispira alla figura di Anastasio De Villa Bais, nato a Costalta nel 1924 e morto al manicomio di Feltre l’8 gennaio 1992, con grande dispiacere di tutti (ne parliamo anche in quest’altro approfondimento).

Anastasio si dice fosse un uomo incredibile, fuori dal proprio tempo e a dimostrarlo ci sono ancora le sue opere, autoritratti, busti, bassorilievi e statue di marmo. Costalta ha dedicato a quest’artista dimenticato ampio spazio: un piccolo pezzo di quello che il mondo, negli anni Cinquanta, non ha saputo dargli. 

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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